ROMA - Cinquew.it ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di Daniela Musini.
Lei è tutta là. Per te con maestria fu fusa e fu colata, per te forgiata fin dalla tua infanzia, con le tue cento biglie predilette fu costruita.
Lei è sempre stata là, mio caro. Infatti è deliziosa. Fuochi d’artificio in un febbraio uggioso, e concreta come pentola di ghisa. (…)
Pareva uscita dalle pagine di Scott Fitzgerald, Anne Sexton, con quel corpo fatto per il peccato e quella voce da brivido. Nacque a Newton vicino a Boston, il 9 novembre 1928 e crebbe in un confortevole e conformista ambiente da middle-class. Suo padre era ricco, distratto e alcolizzato, sua madre sensibile, smarrita e frustrata. Non ebbe un’infanzia felice, la piccola Anne, con due genitori così. Da bimba poco amata e terrorizzata dall’idea di essere abbandonata, si trasformò in un’adolescente rabbiosa e sfrontata che amava scandalizzare e irridere il perbenismo della gente che la circondava.
Aveva talento, Anne, un innato talento letterario che però non colmò mai in lei quel disperato, irrisolto bisogno di amore. Scrisse poesie che furono scudisciate e visse una vita che fu un delirio, un excitable gift, un dono eccitante, come lei lo definiva, dono che però rifiutò sistematicamente, intossicandosi di torazina ed alcol.
Ebbe un rapporto febbricoso ed “incestuoso” con il suo psicanalista, che lei chiamava doctor-daddy, “dottor paparino”, che le ispirò poesie strazianti ed indecenti.
Quando lui, stanco di quel nevrotico ed allucinato rapporto adulterino, l’abbandonò per tornare dalla sua famiglia, lei scrisse Al mio amante che torna da sua moglie, una lirica che era un graffio sanguinante (da cui abbiamo estrapolato i versi riportati) e si buttò dalle scale, fratturandosi un’anca e rimanendo claudicante per sempre.
Internata più volte in ospedali psichiatrici, due volte in coma per overdose di psicofarmaci, fece del whisky e del sesso il degradante leitmotiv del resto della sua vita. Nei sempre più rari momenti di lucidità, scrisse liriche di struggente bellezza e di devastante solitudine.
A quarantasei anni, distrutta dagli eccessi e dalla follia, quella vita, quell’ excitable gift le sembrò insopportabile. In uno scontroso giorno autunnale del 1974, Anne indossò una sdrucita pelliccia dell’amata-odiata madre, andò in garage, si chiuse in macchina, accese la radio ed avviò il motore. Il monossido di carbonio fece il resto.
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