ROMA - Cinquew ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di Francesca Gori.
Ideali da urlo. Janis era bellissima. No, sbaglio, la sua estetica non era certo perfetta. Eppure è stata un vero sex symbol. La sua bellezza era dettata dal coraggio del suo spirito, da quella voce ruvida e graffiante che ha portato il blues al livello di furore appassionato tipico del rock. Janis era inquietudine allo stato puro. Smania di cambiamento in un mondo ingiusto fatto di dogmi sociali; voglia di emancipazione e uguaglianza; ricerca di un miglioramento continuo, con l’obiettivo della perfezione. Era Janis Joplin, regina bianca del blues.
Quello che nella vita rende davvero grandi è non accontentarsi mai. Chi sceglie di adagiarsi sulle facili conquiste non avrà mai la capacità di superare i limiti, né la perseveranza per superare gli ostacoli che si incontrano nella vita personale e professionale.
La costante pretesa di perfezione musicale nella difficile pratica dell’improvvisazione ha messo Janis Joplin in conflitto con quasi tutti i gruppi musicali con cui si è esibita (Big Brother & The Holding Company, Kozmic Blues Band e Full-Tilt Boogie Band). Come biasimarla? Lei viene ricordata oggi, dopo 40 anni, come la più grande voce blues di tutta la storia del rock e dal 1995 è stata inserita nella Rock and Roll Hall of Fame.
Ma la ricerca costante di miglioramento può facilmente essere confusa per ambizione. E l’ambizione può portare a comportamenti poco ammirevoli. Quando, però, è accompagnata dagli ideali che generarono il movimento hippy degli anni ’70 quello che scaturisce è un sogno utopico.
Janis immaginava un mondo migliore. Una realtà più degna e civile, dove le persone fossero tutte uguali e libere di realizzarsi a dispetto di qualsiasi dogma sociale o civile. Per questo cantò sul palcoscenico di Woodstock e al concerto organizzato dopo l’assassinio di Martin Luther King, in sua memoria.
In linea con la sua morale, acquistò una lapide dignitosa per la tomba di Bessie Smith, la sua grande musa ispiratrice deceduta a seguito di un grave incidente automobilistico. La leggenda sulla sua morte narrava che la cantante nera non avesse ricevuto soccorsi in ospedale a causa del colore della sua pelle. Oggi sappiamo che non fu questo il motivo del decesso, ma la tomba fu comunque lasciata senza lapide per mancanza di soldi. Janis non poteva sopportarlo.
Lottava per i suoi ideali a dispetto di tutto e tutti. Saliva sul palcoscenico per gridare al pubblico la sua inquietudine per un mondo troppo malvagio, costretto da catene sociali e perbenismo ideologico. Smuoveva le masse urlanti di quei ragazzi che dettero vita a un movimento di liberazione a livello globale. Se tante volte si ricorda il peggio del movimento hippy, le droghe e le malattie a trasmissione sessuale, oggi dovremmo ricordarne la parte migliore in onore di colei che ha vissuto combattendo dall’alto di un palcoscenico a suon di parole infuocate. Quell’ideale di pace, libertà ed empatia che rifiuta la corruzione della società a favore dell’onestà e del rispetto dei diritti individuali di tutti gli esseri umani senza distinzione. Ideali a volte utopici, che però hanno avuto alcune importanti e concrete realizzazioni. Basti pensare alle tante manifestazioni non violente che hanno scosso l’opinione pubblica americana in merito alla guerra nel Vietnam. Ma anche agli studi sulle energie alternative supportati dalla sensibilità hippy, in netto contrasto col nucleare, e allo sviluppo delle cooperative d’impresa per materiali o alimenti a km 0. Tutte pietre miliari nella storia mondiale che hanno cambiato il modo di vedere e interpretare le differenze esistenti tra gli individui: apprezzarle, non temerle. Perché la cosa più bella della natura umana è proprio scoprire chi ci sta accanto, anche se a volte ci spaventa un po’.
Janis Joplin è nata a Port Arthur il 19 gennaio del 1943 ed è morta a Los Angeles il 4 ottobre del 1970. Cantò sul palco di Woodstock nel 1969. L’album “Pearl”, che porta il nome che le davano gli amici per indicare la sua purezza d’animo, fu pubblicato postumo nel 1971 e mantenne il primo posto in classica per 9 settimane. Nel 2005 è stata insignita del Grammy Award alla carriera.
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