ROMA - Cinquew ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di Chiara Gatti.
Non ho bisogno di denaro. Ho bisogno di sentimenti, di parole, di parole scelte sapientemente, di fiori detti pensieri, di rose dette presenze, di sogni che abitino gli alberi, di canzoni che facciano danzare le statue, di stelle che mormorino all'orecchio degli amanti. Ho bisogno di poesia, questa magia che brucia la pesantezza delle parole, che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
La mia vicina di casa , la mia musa, che io all’età di diciannove anni non avevo riconosciuto e scambiavo come la clochard di Ripa di Porta Ticinese. Ecco è lei la donna che non voglio dimenticare , è lei la donna che vorrei innalzare ancora una volta al cielo dove lei aspirava a finire.
Sono andata a vivere sola con mio fratello all’età di diciannove anni, vuoi per sfortuna vuoi per fortuna. Così di punto in bianco una sera mi son trovata a varcare la soglia di Ripa di Porta Ticinese al 69. Poco prima ero ovattata in casa di mia mamma, in una bella zona con i giardini di fronte, le amiche al piano di sotto, le scuole vicine, il portinaio che controllava se durante i weekend con l’assenza della mamma organizzavo feste! Ero una bambina innamorata di un amore più grande e quando mio fratello mi disse “dai Chiara perché non vieni nella casa che abbiamo comprato, io mi son già trasferito!” io non ci ho pensato due volte!!!
In una valigia ho messo tutti i miei diari e peluches e nell’altra i miei vestiti che erano meno dei libri che avevo letto!
Quell’aria da sbarazzina che mi faceva sentire padrona del mondo , io che andavo a vivere da sola, non ci potevo credere e continuavo a dirlo a tutti i miei amici con spavalderia! Che bello avrei potuto fare tutto quello che volevo senza renderne conto a nessuno … E poi ero fidanzata ! Ah che bella la vita !
Cambiare zona era emozionante e andare a vivere in una casa di ringhiera sui Navigli ancora di più, subito sono entrata in un mondo diverso dove tutti sapevano tutto di tutti. C’erano le vecchiette del ballatoio che ancora usavano il bagno pubblico e mi salutavano controllando chi frequentava casa mia!
Io avevo imparato pian piano a conoscere il giornalaio , che regolarmente ogni 8 marzo mi regalava le mimose, e il piccolo supermercatino che sopravviveva alla crescita dei locali notturni.
Un giorno ritornando dalla Statale vedo questa signora un po’ appesantita dall’età e dai sacchetti che si portava appresso. L’ho guardata con una pena infinita, col cuore che lottava per un’ingiustizia. Io che nella mia immaginazione pensavo che soltanto a Parigi ci fossero i clochard! Ecco invece una realtà di povertà che non conoscevo a Milano. Sarà stato il 1985 , dopo ho saputo che Alda Merini , si era anche lei appena ritrasferita dopo vari internamenti negli ospedali psichiatrici, nel suo quartiere d’origine. Quell’incontro mi fece pensare perché io, non so per quale strano motivo, ero attratta dai senzatetto e ne parlai con qualche amica che subito mi disse “ma come, non sai chi è???? E’ Alda Merini!! Una grande poetessa che vive qualche portone prima del tuo”.
Io rimasi ammutolita, “ma come?” pensavo“ e va in giro così una poetessa?”. Da quel giorno ho iniziato a informarmi sulla sua vita e a leggere le sue poesie e più la scoprivo più mi si stringeva il cuore.
Sentivo un’empatia fortissima con quella persona, perché io nel frattempo mi ero lasciata col mio fidanzato cadendo in un tunnel che a me sembrava senza ritorno e i suoi versi sembravano scritti col mio sangue!
Ero nella pazzia del dolore, non riuscivo più a studiare, passavo ore a piangere e a camminare per i Navigli coperta da una maschera sorridente , ma dentro di me marcivo e i miei passi calpestavano quelli di Alda Merini.
Così ho imparato ad amarla e a capirla. Gli anni sono passati per me e per lei. Alla fine lei è riuscita ad uscire dal suo buco nero e ad avere dei riconoscimenti. Io nel mio piccolo mi sono laureata e sposata cambiando casa. Quando ho letto della sua morte nel 2009 ho pianto come se fosse morta una parte della mia giovinezza. Le nostre strade si erano incrociate in un momento particolare delle nostre vite.
Ma le sue parole, i suoi versi continuo a custodirli dentro di me con amore perché Alda mi ha insegnato a non avere paura della Follia che alberga dentro di noi. Mi ha insegnato ad aver coraggio ad aprire la porta della mia armatura di ferro.
Non avessi sperato in te
e nel fatto che non sei un poeta
di solo amore
tu che continui a dirmi
che verrai domani
e non capisci che per me
il domani è già passato.
(ALDA MERINI)
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