ROMA - Cinquew ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di Daniela Miscia.
Scegliere tra le tante donne che riempiono la nostra vita, raccontare di una sola di esse non è un’impresa facile. Ogni donna racchiude in sé forza e coraggio, passione per la vita e da ognuna di esse possiamo imparare qualcosa: ammirare la loro tenacia o fare tesoro dei loro errori. Poi ci sono donne “speciali” che brillano per la loro cultura, che sono state capaci di affermarsi in un universo maschile che troppe volte ci vorrebbe ridotte a semplici comparse o relegate al ruolo di silenziose compagne. Queste donne sono capaci di far sentire la loro voce e costringere il mondo intero ad ascoltare le loro parole, il loro punto di vista. Una di esse è stata Oriana Fallaci. Il mio incontro con lei è stato puramente casuale, in un noioso pomeriggio della mia adolescenza mi è capitato tra le mani un piccolo libro dallo strano titolo “Lettera a un bambino mai nato”: quell’incipit meraviglioso mi tenne legata per ore, mentre fagocitavo quelle parole meravigliandomi e sorprendendomi della naturalezze con cui quella donna affrontava tematiche come l’aborto, la famiglia, il ruolo della donna nella società. E’ stato un po’ come perdere la “verginità”, uscire dall’infanzia e diventare adulti di colpo, senza paracadute. Da quel giorno ho iniziato a cercare i suoi libri: “Penelope alla guerra”, “Niente e così sia”, “Intervista con le storia” e, soprattutto, “Un uomo”.
Oriana è cresciuta con me, icona irraggiungibile di libertà, cultura e intelligenza. Fino a quando, interrompendo un lungo isolamento, ha voluto nuovamente far sentire la sua voce, urlare al mondo il suo pensiero sui fatti dell’11 Settembre.
Quel giorno, mentre scorrevo febbrilmente le righe del suo articolo, mi sono sentita orfana: la scrittrice che ammiravo prendeva posizioni che non condividevo. Ho impiegato un po’ di tempo a metabolizzare questa distanza e a sentirla, per la prima volta, lontana da me. Per un attimo la delusione ha cambiato il gusto dei miei ricordi rendendoli amari, costringendomi a rivedere la mia opinione su di lei, ad ammettere che il tempo in cui mi riconoscevo in lei era terminato.
Eppure è stato allora che ho capito quale grande dono mi avesse fatto: era stata anche lei, in quel lontano pomeriggio della mia adolescenza e nelle pagine dei sui libri, a gettare il seme di una persona consapevole e capace di generare un proprio senso critico. Non solo un’appendice di qualcun’altro ma piuttosto una persona, una donna ormai, che aveva rielaborato e fatto propri i pensieri di un’altra donna. Ci sono frasi quali “la nostra logica è piana di contraddizioni. Appena affermi qualcosa ne vedi il contrario. E magari ti accorgi che il contrario è valido quanto ciò che affermavi.“ e “non siate gregge perdio, non riparatevi sotto l'ombrello delle colpe altrui, lottate, ragionate con il vostro cervello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individuo prezioso, responsabile, artefice di se stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà." che mi apparterranno per sempre.
L’eredità che Oriana ci ha lasciato è pesante, piena di contraddizioni e fazioni, divisi tra chi la ama e chi la odia. Eppure, nonostante la delusione causata dalle esternazioni dei suoi ultimi anni, io continuo ad amare quella donna che, con la sua vita, mi ha mostrato che “Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai.”
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