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La Donna che "Amo" è Parinoush Saniee. Firmato Laura Longo

parinoush_saniee ROMA - Cinquew ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di
Laura Longo

“Quello che mi spetta”: Parinoush Saniie e i diritti delle donne iraniane. Nel Corano, la parola hijab indica l’azione di velarsi, di creare un’opacità che protegga da sguardi indiscreti. E’ col giurista Ibn Taymiyya, nel quattordicesimo secolo, che si ha uno slittamento di senso: per hijab si intende, allora, l’oggetto velo, segno distintivo dell’identità e dell’appartenenza. La donna libera ha l’obbligo di velarsi, al contrario di quella schiava. Il giurista giustifica la traslitterazione con una sua interpretazione del Corano: da un’interpretazione scaturisce una norma destinata a segnare il destino delle donne islamiche, simbolo di una spaccatura tra due mondi, ancor prima che tra due credo religiosi.
Parinoush Saniee si aggiudica il Premio Boccaccio Internazionale 2010 col romanzo “Quello che mi spetta”. La scrittrice iraniana, nata nel 1949 in una famiglia di intellettuali benestanti iraniani, laureata in Psicologia, prima della rivoluzione iraniana era ai più alti gradi come dirigente nelle agenzie governative dove si occupava di formazione e ricerca e infine nell'Ente di Programmazione e Budget, che però è stato chiuso recentemente dal governo iraniano. Dà alle stampe quello che sarebbe divenuto un best seller nel 2003: «In Iran se si vuole pubblicare un libro bisogna presentare due copie: una va alla Biblioteca Nazionale e una va al ministero della Cultura e Guida Islamica per ricevere il nulla osta. Era il 2003. Aspettai otto mesi ma il libro venne rifiutato. Erano gli anni della presidenza di Khatami e si pensava di eliminare la censura. Una prima apertura fu quella di concedere a ciascun editore la possibilità di pubblicare un libro all'anno senza dover ricevere l'autorizzazione. Il mio editore approfittò di quello spiraglio e pubblicò il mio libro con una distribuzione intelligente che non desse troppo nell'occhio. Fu un successo. In due mesi ci furono due ristampe. Allora il Ministero mi chiamò per interrogarmi e affidò la lettura a "una persona più colta" che alla fine diede il permesso. Arrivammo alla tredicesima edizione ma il nuovo clima politico portò al ritiro del libro. Solo grazie all'impegno del Premio Nobel Shirin Ebadi siamo riusciti a sbloccare la situazione e ora il libro è alla diciannovesima edizione».
Il romanzo nasce proprio per via del lavoro come dirigente governativa che Parinoush Saniee svolgeva: «Avevo già pubblicato molti libri ma si trattava di saggi e rapporti sulle ricerche del mio dipartimento. Quello che mi spetta è il risultato delle mie ricerche sulla condizione della donna in Iran. Ma non volevo esprimerlo con dati, numeri e statistiche. Ho pensato che la forma del romanzo potesse rendere meglio le sfumature. Essendo psicologa di formazione ho usato anche molti simboli, e poi avevo informazioni reali». Il romanzo racconta di una storia d’amore contrastata e, allo stesso tempo, è una forte denuncia della condizione della donna in Iran dagli anni ’40 ad oggi: la giovane protagonista, Masumeh, vive a Teheran e rispetta diligentemente le leggi imposte dallo Stato e dalla famiglia. Un giorno incrocia lo sguardo di Saeid, giovane anche lui, apprendista in una farmacia: i due si innamorano con gli occhi, gli stessi occhi con cui Masumeh trasgredisce le regole. Alzare lo sguardo e contraccambiare quello di un uomo è reato, in Iran. Accusata e punita, la ragazza è costretta a sposare un altro uomo, scelto dai fratelli. Ma la giovane, sposa e poi madre, non si arrende.
L’intervento di Saniee ad una conferenza a Berlino sui diritti umani, volto a denunciare la condizione femminile in Iran e ad affermare la necessità di riforme sociali a favore delle donne, le è costato minacce e successivamente la persecuzione da parte del governo attuale del suo paese e la censura del suo romanzo dopo numerose edizioni. «Io e gli intellettuali come me - ha affermato la scrittrice - dovremmo informare di più l'Occidente sulla nostra situazione. I problemi più urgenti nell'Iran di oggi sono la liberazione dei detenuti politici, la parità dei diritti delle donne e la libertà di esprimersi. Penso comunque che gli iraniani abbiano compiuto passi importanti per migliorare il loro futuro, anche recentemente».
Parinoush Saniee è il nome di una donna forte, colta ed istruita, che diventa simbolo di tutte le donne oppresse in medio oriente: è chi si scaglia contro la lapidazione per adulterio, chi lotta per l’istruzione paritaria, chi per i costumi meno rigidi e chi, ancora, per i pari diritti in materia di politica e cultura. La spaccatura tra occidente ed oriente del mondo, che solo recentemente è saltata agli occhi dei più per via di superficiale attenzione mediatica, è tutta sintetizzata nella figura della donna velata. «Il velo – scrive Khaled Fouad Allam, sociologo e politologo algerino naturalizzato italiano – assume il significato di un’identità in crisi: esprime un malessere generalizzato nelle società islamiche, occulta il loro cambiamento ed esacerba le paure».
Non si tratta di reclamare la superiorità dell’occidente innovatore rispetto ad un oriente islamico e tradizionalista. Questo conflitto non ha motivo d’essere. La questione centrale sta nella fondamentale chiusura dei paesi arabi in se stessi – e l’Iran è tra i più conservatori – estremizzando la tradizione per non accogliere la novità. In questo contesto di chiusura, la donna finisce per soffocare: nelle costrizioni sociali, nelle norme dello Stato, in un hijab troppo stretto.
Data:  1/12/2010   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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