CINEMA
    
Prima Pagina Blog Spettacolo Cronaca Arte
Cultura Libri Scuola Sport Opinioni
Centro Storico Fiat museo più popolare su Facebook/Centro-Storico-Fiat1

Fuga di cervelli. Ruffini: solo un gruppo di dementi. No a messaggi seri - Video

film-fuga-di-cervelli 1 NAPOLI - Una moda, una tendenza, forse, sfortunatamente, un virus. Il riciclo sembra essere parola d'ordine per tutto ciò che fa spettacolo: i radiofonici fanno televisione, i televisivi fanno cinema. Voci e volti interscambiabili o per dirla in stile fashion: double-face. Ma non è tutto: l'Italia ricicla anche le idee cinematografiche d'Europa. Già maestra del rifacimento da idee francesi, non ci si accontenta e si va in Spagna, la quale a sua volta imita gli americani. È così che nascono commedie cinematografiche come "Fuga di cervelli" remake del campione d'incassi spagnolo "Fuga de Cerebros". Sinossi: Emilio, (Luca Peracino) timido e impacciato da sempre innamorato di Nadia (Olga Kent) e non è mai riuscito a dirglielo. La segue iscrivendosi alla sua stessa università e finalmente un giorno l'avvicina. La ragazza gli dice che ha vinto una borsa di studio e si trasferirà a Oxford. Emilio è distrutto ma il suo gruppo di amici: Alfredo (Paolo Ruffini), Lebowsky (Guglielmo Scilla), Franco (Frank Matano), Alonso (Andrea Pisani) lo convincono a partire per Oxford, dove lo accompagnano, e per aiutarlo ad avvicinare la bella Nadia ne combineranno una dietro l'altra. Mai vista tanta demenzialità tutta insieme. Perfetta per un target sociale che va dai 12 ai 16 anni. Nulla di educativo, se non per un timido tentativo sul finale con parole semplici sull'amicizia e sulla crescita. Preoccupante se sui social, ragazzi trentenni, questo inverno, comunicheranno (pensandoci bene, lo faranno certamente) a furia di "io non so un cazzo", "stocazzo", "'nculo" ma tant'è, questa tipologia di comunicazione scala le classifiche e per fortuna che c'è un po' di "8imismo" (da dire alla Franco, mostrando il numero otto con le mani). Lo stesso regista, l'eclettico Paolo Ruffini, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, noto conduttore televisivo del programma comico Colorado, già scrittore e attore, ammette: "Una trama molto semplice, un film leggero ma fatto col cuore, ho cercato di creare l'ambiente giusto, un'empatia e un'interazione particolare tra tutti noi. In alcune scene si vede benissimo che non riusciamo a trattenere le risate per ciò che accade intorno. Ho masticato tanto cinema, ma quando ho accettato l'incarico di dirigere questo film, sono stato molto aiutato da Guido Chiesa, che ha costruito con me i piani inquadrature, mettendomi a disposizione tutti gli strumenti per affrontare il set adeguatamente".
Ruffini non sa ancora cosa farà da grande. E non ha voluto, con questo film, dare un messaggio serio sul problema fuga di cervelli dall'Italia, come lui stesso ha affermato: "Non ho la cultura, le competenze e la maturità sociale per poterne parlare. Il nostro piccolo gruppo di dementi, perché tali sono, grazie alla fuga capiscono che si può crescere insieme nel cazzeggio, che diventa un valore nell'amicizia. Non portano l'intelligenza all'estero, ma scoprono che a volte la sensibilità è più importante dell'intelligenza".

di Lucia Maglitto



Tag fuga di cervelli paolo ruffini essere gruppo demente messaggio serietà
Data:  24/11/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


RITORNA ALLA HOME PAGE



Intelligenza Artificiale




Prima Pagina Giornale e Contatti Gerenza e Cookie Policy Credits 2009-2024 - CINQUEW.it