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Il termine “femminicidio” è cacofonico e presenta “sovrastrutture ideologiche”

bruni-femminicidio ROMA - Negli accampamenti dei Nativi d’America quando gli uomini indiani erano lungo la via della caccia o nelle guerre, per difendere i territori e le famiglie dai visi pallidi, le giubbe blu attaccavano le tende uccidendo donne, bambine e bambini, massacravano e violentavano le donne. Era la legge americana che si poneva al di là di ogni visione giuridica. Poetesse russe come Anna Achmatova e Marina Cvetaeva sotto il giogo comunista sottostavano al dolore procurato dal regime sovietico.
Filosofe come Maria Zambrano sono state costrette, dal regime franchista spagnolo, a vivere in esilio per non vedersi “seviziate” le idee e il pensiero.
Scrittrici come Ornela Vorpsi non hanno accettato le condizioni di un’Albania prima Musulmana, poi comunista e poi ritornata prevalentemente islamica e hanno lasciato la loro Patria.
Sono atti di violenza o meno condotte contro donne che non si sono sottomessi ai poteri e al “pensiero” maschile o maschilista del potere stesso?
Viviamo, ormai, in un tempo di massacro. Un massacro costante che non conosce limiti e l’assurdo campeggia tra le coscienze delle civiltà.
L’uccisione volontaria di Claretta Petacci, di Doris Duranti, di Luisa Ferida sono una violenza studiata e meticolosa sviluppata contro delle donne completamente indifese o meno? La storia di Maria Pasquinelli raccontata da Stefano Zecchi in uno splendido romanzo dal titolo “Quando ci batteva forte il cuore” non è stata una violenza contro una donna che si considerava italiana consumata da maschi che rispondevano ad un regime maschilista?
Una donna di trentaquattro anni, Maria Pasquinelli. Non è una donna Aung San Suu Kyi intervistata da Carmen Lasorella nel suo libro “Verde e zafferano” nel quale la Suu Kyi dichiara: “Non ho mai pensato di essere intoccabile. Non mi sono mai considerata intoccabile. Faccio quello che devo fare. Faccio quello che ritengo sia il mio dovere e il mio lavoro per sostenere la causa della Democrazia.”(Nobel per la Pace nel 1991).
La sopraffazione sulle donne, la violenza che subiscono, i costanti ricatti, le uccisioni non possono passare sotto il “controllo” ideologico come sta avvenendo con una definizione etimologicamente errata con il termine di “femminicidio” che secondo il Devoto – Oli di quest’anno conia la seguente dicitura: “Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”.
Dunque si conia il concetto di “sovrastruttura ideologica”. La violenza sulle donne esiste ed è abbastanza. Ma bisogna fare molta attenzione a proporre il concetto in termini ideologici. C’è un legame piuttosto più naturale tra elementi sociologici e aspetti prettamente giuridici – antropologici dei fatti e del termine stesso di “femminicidio”.
L’uccisione sistematica delle donne? Il problema andrebbe affrontato giuridicamente in una lettura pedagogica ma anche non trascurando quegli aspetti che sono di natura antropologica e geo – politica.
Che cosa è il femminicidio in una storia della cultura che ha definito la lettura della storia in termini “maschilisti”? Parliamo piuttosto di omicidi cruenti contro le donne. Qualsiasi femminicidio è un omicidio. Non rivestiamo anche questa realtà con il mantello ideologico.
L’Italia è una Nazione di mezzo, ovvero un Centro di smistamento delle culture e dei popoli tra l’Occidente Mediterraneo ed europeo e l’Oriente balcanizzato e marcatamente musulmano e islamico.
Quanta influenza abbia potuto avere questo mondo balcanizzato dal 1990 ai giorni nostri? Il discorso diventa molto complesso e non rinchiudiamo il tutto tra le pareti del nostro pur vero provincialismo.
Quanta interazione ideologica si è potuta consumare in Italia dal 2001? Oriana Fallaci aveva ragione. Bisogna che Penelope vada alla guerra e non si faccia vittima. Perché in ogni storia c’è la rabbia e l’orgoglio.
Stiamo attenti ad usare i concetti, le terminologie, la frammentazione e le storie. Preciso: io sto sempre con le donne e sono contro ogni sopruso, figuriamoci se non posso essere con le donne. Ma il concetto di “femminicidio” etimologicamente è errato.
Isabella Bossi Fedrigotti lo considera un termine cacofonico. Concordo. Anzi non favorisce il problema posto. Basterebbe concordare i termini di femina (lingua latina) con il successivo …cidio. Ma non è questo l’impatto con il problema.
Se si vuole insistere sulla questione come “sovrastruttura ideologia” non ci sto. Se si vuole analizzare il fenomeno limitandoloso solo ai casi degli ultimi anni non ci sto. Se il problema è politico poniamolo in termini storici. Il tutto è molto più complesso e il rapporto tra storia, antropologia e visione geo – politica supera certamente il pur tragico gruppo di episodi del “quartiere” Italia e si potrà dare senso alla vera questione.

di Pierfranco Bruni

termine femminicidio sovrastruttura ideologia
Data:  24/11/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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