ROMA - Cinquew ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di
Gabriella Bona
In “Tres vidad de santos” Eduardo Mendoza scrive che “ci sono due categorie di santi. I primi danno l’esempio con la loro condotta: i martiri e gli anacoreti. Non ispirano devozione ma sono quelli maggiormente rappresentati in pitture e sculture perché sono i più drammatici. Un esempio è san Sebastiano con le sue frecce: sono rare le chiese che non hanno la sua effige, ma sono ancora più rari quelli che gli rivolgono una preghiera.
La seconda categoria è quella dei santi influenti, che curano malattie, soccorrono in caso di pericolo e in generale riparano un’ingiustizia. Alcuni hanno poca trascendenza: ritrovano oggetti smarriti, contribuiscono alla buona riuscita di un sugo o cose simili.”
Noi atei non crediamo a santi e miracoli e non sappiamo come definire quel ristretto gruppo di persone che sono state al di sopra della media del genere umano, che hanno fatto cose grandi e importanti, forse perché non ci piace ammucchiarli in un martirologio o in un calendario ma preferiamo tenere le loro storie distinte, uniche, importanti e non li scomodiamo quando abbiamo perso le chiavi di casa o temiamo che ci impazzisca la maionese.
A Ivrea la chiesa cattolica cita come santo patrono san Savino. Ci è arrivato che era morto da secoli ma, visto che al passaggio delle sue ossa la peste è finita, hanno deciso di farlo patrono.
Chi, invece, a Ivrea è cresciuta, vissuta e soprattutto ha dato tantissimo; chi potrebbe essere fatta patrona laica di questa città, è Ernestina Bertolè. Nata a Torino il 1° aprile 1920 è sempre vissuta a Ivrea. Ha frequentato la scuola soltanto fino alla quinta elementare e a 12 anni ha cominciato a lavorare in un lanificio, è passata poi al cotonificio Valle Susa di Strambino e alla Varzi di Ivrea. Nel 1940 viene assunta all’Olivetti come operaia metalmeccanica e all’Olivetti lavora fino alla pensione, nel 1975.
Proviene da famiglia antifascista e partecipa agli scioperi del 1943. È partigiana, combatte nella brigata SAP di Ivrea collegata alla 75 Garibaldi ed è responsabile dei gruppi di difesa della donna nella zona del Canavese.
Dal 1945 al 1969 è membro della Commissione interna del Consiglio di gestione dell’Olivetti e dal 1960 al 1969 è membro del Comitato centrale della FIOM.
È membro della redazione e amministratrice del “Tasto”, giornale della FIOM dell’Olivetti.
Partecipa con l’azienda alla realizzazione delle scuole materne sul territorio dell’eporediese, poi viene distaccata all’ufficio scuole del Comune di Ivrea per l’organizzazione delle scuole di Ivrea.
Partecipa alla realizzazione del piano case dei quartieri eporediesi di Bellavista e San Grato.
Iscritta al Partito Comunista Italiano dal 1944, consigliere comunale di Ivrea dal 1949 al 1969, ha fatto parte del Direttivo di sezione e del Comitato federale.
Esce dal PCI nel 1970 non condividendone più strategia e linea politica e si dedica all’attività di quartiere dove viene eletta due volte.
Entra nel Partito Socialista Italiano e viene eletta consigliere comunale nel 1980.
Nel 1983 si dimette per ragioni di salute e muore il 28 aprile 1984.
Ernestina ha lasciato un segno profondo nella città di Ivrea, peccato che in molti non ricordino chi lo ha tracciato. Ai santi si dedicano le chiese, a Ernestina sarebbe bello che la città dedicasse una via, una piazza o una scuola, perché il suo lavoro, il suo valore, la sua capacità di dare non fossero dimenticate.
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