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Una Lunga Trattativa, libro di Giovanni Fasanella. Rapporti Stato-mafia. Perché

fasanella MILANO - Perché le stragi del 1992-'93? E che cosa accadde dopo? La risposta è nella storia, lunga un secolo e mezzo, dei rapporti Stato-mafia e nel contesto geopolitico della guerra fredda. Una Lunga Trattativa, libro di Giovanni Fasanella (Chiarelettere, Collana Principio Attivo, 240 pagine).
“Lo Stato convive con la mafia sin dai suoi albori unitari. È qui la verità, in questo rapporto perverso, patologico.
Ecco perché è così complicato, se non impossibile, scriverla nelle sentenze giudiziarie.”
“Negli anni Settanta, quando è iniziata la politica di avvicinamento tra Dc e Pci, la P2 è finita sotto l’ombrello americano, è diventata una specie di Lega dei ‘super atlantici’. Questa era la P2.
Davvero si crede che il capo di stato maggiore della Difesa, il comandante dell’Arma dei carabinieri, i capi dei due servizi segreti, il segretario generale del Cesis e altre persone di questo livello prendessero ordini da Gelli? Ma siamo diventati matti?”
Francesco Cossiga in una conversazione con l’autore, 1999.
“Fu un depistaggio. Andreotti parlò per allontanare i giudici da un’altra pista, quella su un’altra struttura segreta, probabilmente i Nuclei di difesa dello Stato.”
Francesco Gironda, responsabile dell'Unità guerra Psicologica della Gladio, a proposito della scelta di Andreotti di svelare l’esistenza di Gladio nell’ottobre del 1990.
“Fra i documenti dell’inchiesta sulla strage di via dei Georgofili ho appunti in cui i miei successori proponevano al ministro Conso una serie di revoche del 41bis.
Uno di questi è del 29 luglio 1993. Nei due giorni precedenti c’erano stati gli attentati di Roma e Milano.”
Nicolò Amato, ex direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, rimosso il 4 giugno 1993, due giorni dopo la scoperta dell’autobomba vicino a Palazzo Chigi.
“Data la situazione in Italia, a Roma ci serve proprio uno come lei, un diplomatico di carriera, un professionista con il suo curriculum.”
Il segretario di Stato Warren Christopher al futuro ambasciatore americano in Italia Reginald Bartholomew, maggio-giugno 1993.
Il difficile compito di Bartholomew era quello di evitare che l’Italia si spezzasse in due sotto il peso delle bombe e delle trame golpiste.
“Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ’ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando.”
Gianfranco Miglio, ideologo della Lega Nord, 1999.
“La convivenza pacifica con una mafia discreta, affaristica, separata dal suo braccio malavitoso, non dev’essere sembrato un prezzo troppo esoso.
Tanto più se l’alternativa era veder saltare in aria un paese. Ma quanto può reggere uno Stato sotto il ricatto delle bombe?”
Il libro.
Non basta la verità giudiziaria. Nel mare di accuse e veleni che continuano a inquinare i processi in corso sulla trattativa Stato-mafia, con particolare riferimento alle morti di Falcone e Borsellino, e che hanno addirittura coinvolto indirettamente il presidente della Repubblica, è necessario provare a spostare il nostro angolo visuale e fare un passo indietro. La storia ci viene in aiuto per capire che cosa sta succedendo. La partita è troppo grossa perché possa rimanere nelle aule di un tribunale. In gioco è la Repubblica italiana, il nostro Stato. Entrambi nati con l’appoggio fondamentale della mafia. L’autore spiega come e perché.

Dalla vittoriosa cavalcata di Garibaldi aiutato dai picciotti siciliani durante la spedizione del 1860 agli omicidi impuniti d’inizio secolo che contaminano il tessuto economico-finanziario, all’alleanza col fascismo che si limitò a contrastare la manovalanza armata. Poi il patto di sangue con gli angloamericani nel 1943 per indirizzare la pace, seguito dagli omicidi e dalle stragi del dopoguerra perché la sinistra non avesse il sopravvento al Sud, fino alle tragiche vicende oggetto degli attuali processi.

Difficile ammetterlo, però è così: la mafia è stata una risorsa decisiva per lo Stato italiano sin dai suoi albori unitari offrendo appoggio anche militare a chi vigilava sul controllo “democratico” del paese e talora a chi sosteneva veri e propri disegni eversivi.

La magistratura non ce la può fare da sola a spaccare questa crosta spessa di bugie, inganni e depistaggi pilotati. In nome della pace e di una ragione che di Stato ha ben poco. Una pace insanguinata. Per la difesa di interessi internazionali, per il controllo del Mediterraneo. Una partita a scacchi che ci vede di volta in volta spettatori fragili e passivi, collaboratori interessati o eroi coraggiosi, fino alla morte.

mafia rapuano
Data:  12/7/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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