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Lorenza Morello parla con Cinquew.it di crimini e criminali di guerra

morello-lorenza-2 ROMA - Siamo sempre in guerra, nelle guerre, fuori dalle guerre, combattiamo di nascosto; nelle guerre con missioni di pace. Non c'è guerra senza crimine, senza criminali, senza crimini di guerra. Un po' di tempo fa, contattai Lorenza Morello per sentirla in merito a un libro che aveva scritto. Quella, fu l'occasione per apprendere che la mediatrice civile, cultrice di diritto e presidente nazionale di Avvocati per la mediazione, si era laureata discutendo una tesi dal titolo "Ordine superiore e responsabilità dell’individuo nei crimini internazionali di guerra". Ci ripromettemmo di approfondire alcuni temi riguardanti i conflitti, le donne e gli uomini che di tali eventi drammatici sono stati e sono protagonisti attivi e passivi.
Dottoressa Morello, chi è l'essere umano in guerra e chi è l'essere umano fuori dalla guerra: si tratta, biologicamente, sempre dello stesso individuo?
Bella domanda. Biologicamente (nel senso scientifico del termine) credo di sì, moralmente e umanamente credo di no. In "La banalità del male" Arendt sostiene, ad esempio, che la visione individuale rispetto alla morte, per ciascun individuo, non può non mutare quando si passa dal vedere in casa il nonno morto per cause naturali, piuttosto che decine di corpi di ogni età sterminati ogni giorno.
Un conflitto tra Paesi oppure all'interno degli Stati è diritto o economia?
È di più: è politica, è religione, è sete di potere. Il diritto e l'economia sono le scienze che la società cosiddetta civile cerca di perfezionare per affrontarne la gestione.
Faccio fatica a pensare che si combattano guerre senza partorire criminali. Lei che ne dice?
Sicuramente nascere in uno Stato in guerra non può non influire sull'indole dell'individuo. Vero è, altresì, che abbiamo esimi esempi di uomini di pace nati in territori di guerra.
C'è una definizione di crimine di guerra che recita: "azione inumana che trasgredisce gli accordi internazionali regolanti le ostilità". Quindi, la guerra è lecita - alcuni sostengono perfino giusta - e il crimine arriva solamente dopo. Addirittura, se lei e io decidiamo di farci guerra, con bombe e cannoni, ci raccomandiamo reciprocamente anche di fare i bravi (in guerra) e non comportarci da criminali... Come la mettiamo?
L'ostilità è, infatti, prevista in quanto inevitabile, almeno al momento, ciò che trascende di troppo la soglia della civiltà ipotizzata dal Leviatano, va invece punito. Il diritto muta a seconda dei tempi, e non siamo i primi a ipotizzare un trattato par la "pace perpetua". Purtroppo la guerra è un'azienda che non conosce crisi, ed è questo il vero e primo ostacolo alla pace.
Presidente Morello, si è criminali in guerra o di guerra? Lo stesso essere umano, la sua psicologia, come va "letto"?
Si è criminali o, meglio, si può essere criminali senza necessità di andare in guerra. Il crimine di guerra è quello connotato da caratteristiche che identificano l'atto in sé, oltre allo stato soggettivo di chi lo commette.
Faccia conoscere ai lettori di Cinquew.it una persona che si è macchiata di crimini di guerra, della quale non si è parlato molto ma che in lei ha suscitato un interesse particolare...
Risale al quindicesimo secolo quello che viene comunemente indicato come il primo processo per crimini di guerra: si tratta del procedimento contro il Landvogt Peter von Hagenbach.
Questi era stato posto dal Duca Carlo di Borgogna (1433-1477, la storia ne parla attribuendogli gli epiteti di 'terribile' e 'temerario') a capo di una città chiamata Breisach, posta sull'alto Reno, con l'ordine di ridurre alla sottomissione più totale gli abitanti della città fortificata. Sebbene la città non fosse in stato di guerra (infatti i crimini di cui si tratta vennero commessi prima della guerra tra la Borgogna e la coalizione alleata), i reati dei quali il Governatore fu imputato vennero definiti come 'crimini di guerra' per due ordini di motivi: in primo luogo il confine tra guerra e pace, all'epoca, era molto più labile di quanto non lo sia oggi ed inoltre la città era considerata, in quanto effettivamente era, sotto occupazione bellica.
Von Hagenbach mirava alla corona reale per la Borgogna e nutriva anche aspirazioni imperiali che, evidentemente, erano la spinta ed il fine delle sue azioni, infatti seguì con scrupolo 'l'ordine superiore 'impartitogli instaurando un regime fondato sul terrore, dove non la legge, ma l'arbitrio, era lo strumento utilizzato per mantenere l'ordine nella città e non solo: infatti gli assassini, gli stupri, le confische e le tassazioni effettuate illegalmente unite a tutta la barbarie generalizzata danneggiavano anche gli abitanti delle terre vicine ed i mercanti svizzeri che si trovavano a transitare nella zona per recarsi alla fiera di Francoforte. I sottomessi formarono una coalizione ed assediarono Breisach; a questi si unì una rivolta di mercenari tedeschi e dei cittadini che riuscì a porre fine al regime instaurato dal Governatore della città - che venne catturato sul territorio dell'Arciduca d'Austria -.
Nel 1476 l'Arciduca, che, seguendo la terminologia giuridica attuale, era, in quanto sovrano di Breisach, 'competente per territorio e per materia', ordinò che Hagenbach venisse processato. Per il procedimento venne istituito un Tribunale o, meglio, una Corte ad hoc, i cui componenti erano i giudici di varie città della coalizione alleata con un presidente nominato dal dall'Arciduca.
La Svizzera designò alcuni giudici e, se si tiene conto della sua indipendenza - sebbene non ancora riconosciuta formalmente - nonché dello stato di disgregazione del Sacro Romano Impero, si può considerare che quello formatosi per l'occasione era un vero e proprio tribunale internazionale.
La questione della punibilità era incentrata sul dovere di obbedienza all'ordine superiore ed i suoi limiti.
L'accusa, contestando all'Hagenbach omicidio, stupro, spergiuro ed altre 'malefacta', compreso l'aver ordinato ai suoi mercenari tedeschi di uccidere liberamente gli uomini all'interno delle case per poter infierire liberamente su donne e bambini, sostenne che l'imputato aveva "calpestato le leggi di Dio e dell'uomo".
La difesa fu centrata sul dovere di obbedienza agli ordini impartiti dal Duca di Borgogna cui il Landvogt non poteva opporsi né sottrarsi.
Per sostenere questa tesi ed avvalorare con riscontri effettivi queste argomentazioni venne chiesto un rinvio del procedimento che, però, non venne concesso in quanto si ritenne che i crimini erano già stati dimostrati senza necessità di proseguire l'istruttoria e la richiesta venne, pertanto, respinta in quanto ritenuta contraria alle leggi di Dio.
In quanto cavaliere l'imputato avrebbe dovuto impedire la commissione dei crimini per i quali, invece, era stato processato; di conseguenza venne privato del titolo di cavaliere e, in ottemperanza all'ordine del Maresciallo del Tribunale: "giustizia sia fatta", venne condannato alla pena capitale e giustiziato.
Perché decise di affrontare i temi dei crimini internazionali di guerra e racchiudere le sue ricerche in una tesi di laurea?
Per lo stesso motivo per cui ho studiato legge: per cercare di capire più a fondo l'animo umano, le leggi interne che lo governano, i suoi demoni, e le leggi che deve autoimporsi per limitare la propria insita barbarie.

di Giuseppe Rapuano

morello cultura opinioni opinionisti
Data:  10/7/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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