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Antonella Policastrese parla con Cinquew.it di violenza e mezzi di informazione

policastrese-antonella-kr ROMA - Ritorna spesso negli scritti giornalistici di Antonella Policastrese la parola violenza. Partendo da questo termine - anche da me spesso letto nelle sue opinioni espresse attraverso Cinquew.it - ed entrando nei diversi significati che la giornalista ne ha dato e ne dà, ho deciso di raccogliere le sue considerazioni sugli organi di informazione in Italia, su come essi trattino i veri e propri atti criminali. Ma, Policastrese, non ha mancato di soffermarsi sulla buona e cattiva televisione, sui giornalisti pure.
Policastrese, allora, cos'è la violenza? Si pensa che sia solo sangue...
Bisogna partire dal presupposto che ogni omicidio ha un potere comunicativo commesso da un “solista” o da un gruppo di balordi. E se la violenza è un modo d’esprimersi non v’è espressione priva di significato: essa è un canale di comunicazione, il più accessibile, il meno controllato. È il self-service delle comunicazioni interpersonali, tra singolo e gruppi tra gruppi e gruppi. Tuttavia, esiste una forma di violenza che non si vede, agita direttamente sull’individuo, tesa a circuirlo e renderlo schiavo. Ad esempio guardiamo cosa sta succedendo nella società odierna. Siamo in presenza di un fronte di guerra giocata senza armi ma a colpi di finanza e di banche. E se estendiamo il concetto ai femminicidi viene facile trarre la conclusione che l’omicidio è solo l’ultimo atto di una violenza sottile dove la donna soggiace alle prevaricazioni del suo carnefice. Di questo nessuno ne parla.
I mass media (carta stampata, giornali online, radio, televisione) contribuiscono ad alimentare la violenza o fanno in modo che la gente ne capisca il significato e si "trattenga"?
Come dicevo, la violenza, per le sue peculiarità di mezzo non controllato (non controllabile) si presta agli usi di una fascia sempre più estesa di utenti, che va dai “rapinatori–assassini” adolescenti, ai vecchi ultrasettantenni impazziti per la solitudine o per paura di essa... È facile ricorrere al mezzo della violenza, basta volerlo. La legge in Italia ne persegue l’uso, ma non lo previene. I mass media attuali registrano ciò che avviene. Fanno cronaca, amplificano il discorso senza addentrarsi volutamente sul perché o il percome.
D’altronde guai a tacere su fatti che è importante conoscere. L’informazione ha un grande potere manipolatorio ma anche per questo illuminante su ciò che succede e ci sta intorno. Oggi, poi, che l’informazione è in mano a grossi gruppi editoriali, si fa sempre più fatica a rendere l’informazione libera.
Alle organizzazioni criminali, al nostro secondo stato, fa più male, crea più danni, il giornalismo cartaceo o la televisione?
La mafia fra tutti gli utenti ha imparato a farci “virtuosismi” con i mezzi d’informazione. La mafia sa compiere i suoi virtuosismi criminali anche con pochissimi “ingredienti” e nello specifico con due colpi di pistola... A tale proposito mi viene in mente di un tale Pietro Riccio gestore di sala di biliardo di Palermo, fu rinvenuto cadavere in un auto con il viso sfiguratogli da due proiettili sparatigli in bocca.
Quando un uomo muore così in Sicilia, vuole dire che costui aveva peccato di lingua aveva parlato e detto cose che non doveva (In una bocca chiusa non entrano mosche). Uccidere, per un gruppo mafioso, può significare l’accrescersi rapido di “attributi” che consentono una repentina scalata verso l’assoluto dominio, perché chi lo fa dimostra di non temere nessuno e può vantarsi di avere superato ogni ostacolo e l’ultimo è lo Stato.
La giornalista italiana che lei stima di più, quella che ritiene più vera...
Senza ombra di dubbio Federica Sciarelli. E’ l’unica che riesce a fare un’informazione di servizio arrivando anche tramite le sue inchieste alla chiusura di casi davvero complicati.
Il giornalista italiano che lei stima di più, quello che ritiene più vero...
Alessandro Sortino. E’ molto ironico e riesce ad andare a fondo della notizia con vero aplomb.
Secono lei, che percentuale di lettori e telespettatori capisce quando gli operatori dell'informazione propinano del giornalismo preconfezionato ad arte o fatto per conto e in nome di qualcuno?
Premesso che la carta stampata oggi non gode ottima salute, ciò che catalizza l’interesse degli italiani è la tv. Davanti a questo mezzo il telespettatore si pone come un credente che ascolta la predica del prete sull’altare. Ragione per cui gli operatori dell’informazione fanno pedagogia sociale veicolando il pensiero di gruppi di editori che manovrano le nostre coscienze perché vige il detto dell’"ipse dixit”. Un esempio lampante è quello che è successo a Brescia, in occasione della protesta del Popolo della libertà contro la magistratura. Ne è venuta fuori una fotografia di un Paese spaccato in due tra detrattori e sostenitori del Cavaliere. Un clima da guerra civile per farla breve. Non dimentichiamo l’enorme potere di Berlusconi che tramite le sue televisioni riesce a spostare consensi, ad avere attenzione tramite la sua arte d’imbonitore. Questo è un Paese che deve fare molta strada a causa di un’informazione anabolizzata, nella quale il giornalista predica il pensiero unico tramite il taglio che dà alle notizie trattate.
Il livello culturale, qui in Italia, è basso, medio o alto?
Da terzo mondo! Gli italiani leggono poco e gli unici giornali che transitano nelle loro mani sono quelli che trattano di calcio. Gli italiani ”brava gente” sono capaci di scannarsi per una punizione poco gradita sul campo da gioco, scatenano tafferugli e alimentano campagne d’odio quando ci sono derby o partite nelle quali la tifoseria diventa estrema. I problemi o la rabbia sociale vengono diluiti dal calcio, come se bastassero quattro calci dati a una palla per cambiare il mondo… Questo secondo lei è un Paese acculturato?
Ha mai sentito dire "stasera non c'è proprio niente in tv"? Che tipo di persona, di solito, pronuncia queste parole? L'identikit...
I gladiatori del pallone che si esaltano a vedere ragazze pon-pon e che magari preferirebbero sintonizzarsi su qualche canale, anche in prima serata, di film porno.
Il giornale cartaceo italiano che le lascia di più, il più vicino alla realtà dei fatti...
Attualmente Il Fatto Quotidiano. Ma a me piace anche il Corriere della Sera. Nonostante la libertà d’informare sia più un concetto astratto, esistono bravi cronisti come Fabrizio Peronacci che si sta occupando del caso “Orlandi”.
Una giornalista e un giornalista non più tra noi che vorrebbe incontrare al bar. Un complimento all'una e all'altro...
Ad Anna Stepanova Politkovskaja: non arrenderti mai, ne uccide più la la lingua che la spada. A Indro Montanelli: vedrai una risata li seppellirà tutti.
La donna italiana, oggi, per i giornali e la televisione, chi è? Riceve da questi mezzi un aiuto nel rincorrere la cosiddetta parità o ne rappresentano un ostacolo verso la meta?
Credo che la donna nell’attuale società abbia moltissima strada da fare. I mass media non l’aiutano affatto. Basti vedere l’uso che si fa del corpo femminile attraverso pubblicità ingannevoli e strumentali. Che dire poi dell’uso fatto da Berlusconi delle donne considerate come oggetto di piacere e merce da consumare prima che vada a male. Inoltre non ho mai dimenticato una frase pronunciata da Berlusconi: ”Ragazze sposatevi un buon partito e avrete risolto i vostri problemi”. Questa la dice lunga su cosa siamo noi e sul nostro esistere… la nostra mente o l’intelligenza creativa di una donna crea molti problemi e bisogna tenerle all’angolo. Ma poi, c'è qualche manager donna come amministratore delegato della Fiat o a ricoprire qualche carica importante in Banca d’Italia, o fino ad ora qualche presidente della Repubblica in gonnella? Questa classe politica non fa altro che propinare i soliti modelli, salvo fare finta di alzare una tendina per poi riabassarla in fretta. C’è poco da fare: l’Italia non è terra di cultura!
La parola pronunciata da gente comune, giornalisti e politici che odia di più...
Dai giornalisti, sport, calcio. Ma il calcio non è già uno sport? Dai politici “Governo di larghe intese” che mi sa di fumo negli occhi quando poi si accoltellano e si fanno la guerra di posizione. Dalla gente comune: coglione, in quanto non si accorgono di quanto coglioni siamo diventati in tutto questo tempo.

di Giuseppe Rapuano

rapuano policastrese calabria
Data:  14/5/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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