ROMA - Quando Tommaso Buscetta parlò di Giulio Andreotti. Temeva di passare come un pazzo, un malato di mente. Ma la morte di Giovanni Falcone cambiò tutto, anche nell'uomo e nel collaboratore di giustizia, e mafioso. Poi spiegò più approfonditamente tutti i meccanismi dell'organizzazione criminale siciliana. Buscetta, infatti, prima del 1992 - come riportano gli atti del processo Andreotti -, si era rifiutato di riferire compiutamente all’autorità giudiziaria quanto a sua conoscenza sui rapporti tra mafia e politica, pur avendo lasciato intendere già nel 1985 al pubblico ministero statunitense Richard Martin di essere in possesso di informazioni relative al senatore Andreotti, nell’ambito della tematica delle relazioni instaurate da cosa nostra a livello politico.
Martin, esaminato quale teste all’udienza del 9 luglio 1996, rese le dichiarazioni di seguito riportate in merito alle risposte fornitegli da Buscetta nel corso di un interrogatorio svoltosi nella primavera del 1985. Sono proprio le sue parole, così come scritte negli atti.
"L'argomento che lui diceva (Buscetta ndr) forse potrebbe creare difficoltà era l'argomento del livello politico della cosa nostra. Io ho detto - riferisce Martin - che non potevo pensare come questo potrebbe rilevante nel nostro processo. Però, se venisse fuori qualsiasi domanda su questo argomento, lui doveva rispondere. Lui ha detto che aveva capito, va bene. Poi mi ha detto, per farmi capire il livello del problema che lui ha accennato, lui ha detto per farmi capire questo, ha detto un solo nome, Andreotti".
"Buscetta", riferì Martin, "era preoccupato se cominciava a parlare a livello politico a quel momento, sarebbe troppo a digerire qui in Italia. Mi ha detto che aveva timore che aprendo questo argomento, lui sarebbe preso per un pazzo, preso come uno di ... Vitale ..."
Leonardo Vitale parlò di cosa nostra in Italia negli anni '60, pare sia stato veramente fatto passare come un pazzo, e ricoverato in ospedale.
Buscetta a Martin: "Io dico un solo nome, Andreotti".
Quando il pubblico ministero italiano del processo ad Andreotti chiese "ricorda in che epoca avvenne questo interrogatorio nel corso del quale Buscetta le fece questo ... le manifestò questa sua preoccupazione? E le fece il nome di Andreotti?",
Martin così rispose: "Era primavera dell'85. Con me c'erano altri agenti della Dea, questo è avvenuto in una casa (…) era una casa protetta, nella vicinanza di New York, località esatta non sapevo, non volevo sapere. C'erano diversi agenti lì, però il colloquio con Buscetta è stato con me davanti a un agente della Dea che si chiama Petrucci Antony".
La circostanza che nel 1985 Buscetta, a proposito del tema riguardante i rapporti tra mafia e politica, abbia fatto il nome del senatore Andreotti a Martin, trovò poi riscontro nella deposizione resa all’udienza del 17 luglio 1996 dal teste Anthony Petrucci (già agente speciale della Dea, responsabile della sicurezza del predetto collaborante dal marzo al novembre 1985).
di Giuseppe Rapuano
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