La Donna che "Amo" è Marie Frank, detta Anne. Firmato Nicole Cascione |
ROMA - Cinquew.it ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di Nicole Cascione.
Il suo sogno era quello di diventare una grande scrittrice di romanzi e lo sarebbe diventata se solo la guerra non le avesse strappato la vita oltre che i sogni. Una ragazza di soli tredici anni, non ancora una donna e non più una bambina. Annelies Marie Frank, detta Anne, nacque a Francoforte sul Meno il 12 giugno del 1929 e morì il 31 marzo del 1945, a soli 15 anni. Una delle tante vittime della follia umana, emblema di una guerra senza vincitori né vinti, della sconfitta della razionalità. Anna Frank ebbe in regalo per il suo tredicesimo compleanno un piccolo quadernino a quadretti bianco e rosso, che in seguito sarebbe diventato suo fedele compagno di vita. Meno di un mese dopo, fu costretta a nascondersi con la famiglia in un piccolo spazio a due piani, posto sopra i locali dell’Opekta di suo padre, la ditta di proprietà della famiglia che produceva la pectina per la produzione di marmellata. Durante l’estate di due anni fa, sono andata ad Amsterdam ed ho avuto l’occasione di visitare il suo rifugio, oggi divenuto un museo. E’ stato emozionante e molto commovente. Ricordo una libreria, lo stretto passaggio dietro di essa, le ripide scale, i luoghi piccoli ed angusti in cui Anna Frank è stata costretta a vivere per due anni, insieme ad altre otto persone. Ricordo la sua stanza, sui cui muri facevano bella mostra di sé alcune foto e stampe di attrici ed attori che la piccola Anna ammirava e da cui ne era affascinata. Ricordo le parole della guida che raccontava di come Anna e la sua famiglia furono costretti a non fare alcun rumore, per il rischio di essere scoperti e per questo deportati. Non potevano usare l’acqua durante la notte né andare in bagno. Ed anche durante le lunghe giornate, dovevano fare meno rumore possibile. Se questa è vita. La mattina era uno dei momenti più difficili: dalle 8.30 alle 12.30, bisognava stare fermi e zitti per non far trapelare il minimo rumore al personale estraneo dell'ufficio sottostante. Durante queste ore, con l'aiuto del padre di Anna, uomo colto e preparato, i ragazzi studiavano per non rimanere indietro nelle materie scolastiche. Anna detestava la matematica, la geometria e l'algebra, mentre adorava la storia e le materie letterarie. Inoltre, seguiva un corso di stenografia per corrispondenza. Ma soprattutto ricordo quel senso opprimente di angoscia che si respirava nell’aria. Camminare sullo stesso pavimento su cui aveva camminato lei in punta di piedi, toccare le pareti che l’avevano abbracciata e protetta dalla cattiveria umana, osservare gli ambienti che lei aveva osservato e magari odiato. Anna era costretta a non uscire e ad essere molto prudente. Una situazione insopportabile, che trovava libero sfogo tra le pagine del suo diario, oggi ancora conservato nel museo di Amsterdam. Nonostante la sua giovane età, Anna si dimostrò molto coraggiosa e perspicace. Sapeva descrivere in modo semplice le angosce e le inquietudini di un tempo non così remoto, eppure così lontano dalla realtà odierna, divenendo portavoce di una triste pagina della nostra storia. Nell’inverno del ‘44 Anna ascoltò una trasmissione radio, durante la quale un membro del governo olandese in esilio disse che, terminata la guerra, avrebbe creato un registro pubblico, in cui sarebbero state riportate le testimonianze delle oppressioni sofferte dalla popolazione del Paese, occupato dai nazisti. Proprio ascoltando le parole dell’uomo, Anna decise di riscrivere il suo diario sotto un’altra forma, con un’altra prospettiva. Quindi, ad oggi, esistono ben tre versioni: l’originale (1942-1944); la seconda redazione di Anna (1942-1943) e la versione scritta da suo padre Otto, che ha apportato modifiche alla versione revisionata da sua figlia. Non possiamo di certo definire Anna Frank un’eroina, ma non bisogna esserlo per lasciare un segno nella storia, come ha saputo fare lei nonostante la sua giovane età. E’ ancora sconosciuta l’identità di colui o colei che tradì Anna e la sua famiglia, avvisando la Gestapo della presenza di ebrei al piano superiore della ditta Opekta, quel che è certo è che non vorrei mai essermi trovata nei suoi panni, quelli di un traditore. La guerra le aveva strappato tutto, le amiche, il ragazzo di cui si era innamorata, la sua casa, ma soprattutto la libertà. Deportata in un campo di concentramento, morì di tifo un mese prima della liberazione. A volte mi capita di pensare a come sarebbero potute andare diversamente le cose, se solo avesse resistito un poco di più in quell’inferno. D’altra parte sono convinta che la donna che ne sarebbe uscita sarebbe stata completamente diversa dalla ragazzina entrata qualche tempo prima. Morì prima sua sorella Margot, a cui Anna era molto legata e solo dopo due giorni, morì anche lei, convinta di aver perso tutta la sua famiglia.
Anna Frank sarebbe diventata una grande scrittrice di romanzi, è evidente. Il talento lo possedeva, la tenacia anche, la forza di volontà era una dote che la contraddistingueva. Ma, in fondo, una grande scrittrice lo è diventata e noi ne siamo i testimoni.
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