ROMA - Cinquew.it ha chiesto alle donne italiane un contributo scritto su una figura femminile apprezzata per le sue gesta, il suo coraggio, la sua cultura. Anche non più tra noi. Di seguito l'intervento di Sara Napolitano.
Non dimentico il primo giorno nell’aula al primo piano di Palazzo Giusso, secondo anno, primo semestre, corso di Storia Contemporanea. Il mio gruppetto di amiche ed io le avevamo provate tutte per cambiare corso, terrorizzate dalle voci di corridoio e non solo che circolavano sul suo conto. Ma purtroppo non ci era riuscito, ed io spavalda come solo ai tempi dell’università sapevo essere, avevo esordito dicendo: “bhè un esame serio in questo semestre ci dovrà pure essere”.
Poi entra lei, temibile e temuta, severa, piccola, svelta e sicurissima di sé, Angiolina Arru, docente di Storia Contemporanea e Storia delle Donne e dell’Identità di Genere, sarda di nascita, romana di adozione. Bassina, magra come un fuscello ma forte come una quercia, un fascio di nervi, nascosta dietro i suoi occhialini tondi e la frangetta perfettamente tagliata. Che paura, silenzio di tomba in aula. Al di là di una pila di giornali, di libri, di appunti ecco che con estrema dolcezza tira fuori dalla borsa un elefante e già inizia a chiederci cosa vuol dire, che legame ha con la storia contemporanea. Un po’ di noi timidamente abbozzano risposte improbabili mentre lei con estrema semplicità ci dice che nel suo corso noi non studieremo fatti, eventi, date, guerre. No, noi seguiremo le tracce, come quelle lasciate degli elefanti, per capire, analizzare, comprendere.
Dopo averla sentita parlare per un minuto esatto me ne sono innamorata nel senso più alto del termine. E come si faceva a non ammirare quella donna, così forte, cosi determinata, nei suoi corsi e nelle sue spiegazioni tutta la passione per la sua materia, per lo studio, per la vita. Aveva proprio ragione il suo corso così fuori dal comune, le sue lezioni così trasversali ed interessanti, gli spunti che ci offriva mi hanno fatto aprire gli occhi, a me poco più che diciottenne, mi ha fatto comprendere il senso degli studi universitari, la passione per una materia, la consapevolezza di fare bene. Una volta mi disse: “Sara, lei è brava”, mi tremavano le gambe, il suo giudizio sempre così netto, severo, mai complimentoso, serio, che grande soddisfazione per me. Dopo l’esame, mi spronò a fare l’Erasmus, mi disse “Sara lei deve partire”. Adoravo il suo modo di chiamarmi per nome dandomi del lei, mi disse che sarei dovuta partire per Parigi o per Vienna, a me la scelta, che avrebbe cambiato la mia vita, il mio modo di vedere le cose, mi avrebbe reso matura, consapevole, forte. Non so se è stato davvero così ma certo quella è stata l’esperienza che prima di ogni altra ha cambiato la vita, segnandola positivamente e lasciando nella mia mente, nel mio cuore e nel mio curriculum studiorum un ricordo felice. Da lì sempre in contatto, per mail, per telefono, i suoi incoraggiamenti, i suoi complimenti quando facevo un esame a Parigi e tutto andava bene, addirittura per aver imparato (finalmente!) a ventuno anni a fare la spesa, la lavatrice in una di quelle a gettoni e a sopravvivere a crepes e zuppa di cipolle.
Con lei la tesi di laurea, in Storia delle Donne e dell’Identità di Genere, perché lei femminista convinta ma mai esasperata, mi fece conoscere ed apprezzare la realtà dei vinti, la storia di chi la storia non l’ha scritta, la polvere degli archivi, il fascino di sfogliare manoscritti, i ruolo delle donne ritenuto da sempre marginale ma invece così centrale nella storia, in tutte le storie. Quella “stanza tutta per sé” di Virginia Woolf divenne anche la mia stanza, ed in poco tempo divenni appassionata di quelle letture, da molti erroneamente giudicate di nicchia o troppo settoriali.
La laurea e quel sogno di vincere il dottorato, esame al quale, dopo aver tanto studiato non mi sono neppure presentata, per paura forse, di deludere lei nel caso in cui non lo avessi vinto e deludere cosi me stessa. Mi uguro invece di non averla mai perso la sua stima, della persona che considero la mia maestra di vita, che mi ha fatto aprire gli occhi, che fino a quel momento avevano rivolto lo sguardo solo ad una realtà borghese dove sono nata e cresciuta. Una volta a Roma, quando ci portò a vedere una mostra sul '900 alle Scuderie del Quirinale, finita la visita si rivolse a me dicendo: la via dei negozi e dello shopping è quella a destra, quanto mi ferì, mi considerava ancora un’immatura snob. Le ho fatto cambiare idea, è stata dura, ma ci sono riuscita.
Le ho sempre scritto in questi anni, lei dopo la pensione si è trasferita a Vienna, città cosmopolita come lei, dove continua a leggere, scrivere, studiare, guardando il mondo da quei suoi occhiali tondi, e regalando a chi ha la fortuna di imbattersi in lei, una visione della vita autentica, non facile e mai scontata.
Cara Prof un grazie sarebbe poco e mille parole non basterebbero per spiegare quanto ha cambiato la mia vita, non so se adesso sono diventata la donna che intraveda più di dieci anni fa, se ha ancora un bel ricordo di me nella sua mente, se ogni tanto pensa a quella diciottenne che si affacciava al mondo. Per me incontrarla è stato come vivere una splendida e destabilizzante rivoluzione. Sara, matricola SP 10608.
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