Marco D'Amore: cinema italiano in vita grazie a Garrone, Segre e Sorrentino |
CASERTA - Non è che ci credo tanto a Marco D'Amore quando, raccontandomi della sua ascesa artistica dai piccoli laboratori teatrali di Caserta, la sua città, al teatro professionale con la "T" maiuscola, mi dice che è stata la fortuna a fargli compiere questo passo, la fortuna che Andrea Renzi, che stava per allestire “Pinocchio”, scegliesse proprio lui. Smentisco Marco D'Amore, che è evidentemente troppo modesto per poter ammettere che il suo talento si doveva notare già quando era poco più che un ragazzino. Dopo quel “Pinocchio”, la consapevolezza di voler rendere la passione di un adolescente il lavoro e la ragione di una vita intera, il diploma all'Accademia Paolo Grassi di Milano, la ribalta accanto a Toni Servillo, il successo in tv con "Benvenuti a tavola". E in mezzo a tutto questo c'è anche "L'Acquario", lo spettacolo teatrale scritto da Francesco Ghiaccio, diretto e interpretato da Marco D'Amore, che ritorna dopo il successo dello scorso anno al Teatro Civico 14 di Caserta questo fine settimana (sabato 21 aprile alle 21 e domenica 22 alle 19).
Marco, ho già avuto modo di vedere "L'Acquario", e quello che mi ha colpito è che questo lavoro teatrale presenta un taglio fortemente cinematografico...
"L'Acquario è uno spettacolo che nasce da due teste, la mia e quella di Francesco Ghiaccio. Insieme abbiamo fondato la compagnia La Piccola Società, che si occupa oltre che di teatro anche di cinema, e grazie alla quale abbiamo realizzato due cortometraggi, uno dei quali, "Gabiano con una sola B", è stato anche in concorso al Festival del Cinema di Torino. Dunque, venendo entrambi dal teatro e occupandoci anche di cinema, ci piace quando questi due mondi si incontrano e si confondono. Tra l'altro, proprio ora stiamo lavorando a una sceneggiatura, scritta da entrambi, per un film completamente indipendente che segnerà il debutto alla regia di Francesco."
Mentre ne "L'Acquario" il regista di se stesso è lei...
"Sì, anche se si tratta di un intero lavoro fatto gomito a gomito con Francesco, una vera condivisione. L'idea è nata da un testo poetico di Francesco, in cui descrive un mondo onirico abitato da pesci piccoli e pesci grandi, riflesso dell'umanità in tutte le sue manifestazioni. Ma come le note di regia sottolineano: "L'Acquario è uno spettacolo scritto per un solo attore. Non è un monologo". In scena, attraverso tre quadri, interpreto più personaggi. Sono partito dall'ultimo personaggio che viene rappresentato, quello della vecchia, per poi costruire anche gli altri, che sono fondamentali perché credo che in teatro la forza e la verità delle parole debba essere affidata solo a loro, dei personaggi che stanno al di sopra di noi".
Dopo questa regia potremmo vederla debuttare anche dietro la macchina da presa?
"No, non mi sento un occhio esterno che giudica. E poi un regista cinematografico deve considerare altri aspetti che non mi interessano, gestire decine e decine di persone, è un lavoro completamente diverso da quello teatrale e che non mi affascina."
Ritornando al teatro, lei è stato protagonista di uno spettacolo grandioso, "La trilogia della villeggiatura", diretto da Toni Servillo. Che ci dice di quest'esperienza?
"Un'esperienza unica e irripetibile, sia dal punto di vista umano sia da quello professionale. Per quattro anni, 400 repliche, abbiamo girato il mondo con questo spettacolo. E la cosa emozionante è accorgersi che, oltre a portare in scena uno spettacolo italiano all'estero, si sta portando fuori la cultura italiana. L'unicità della mia esperienza, poi, viene anche dal fatto che ho dovuto sostituire nel tempo Toni Servillo, Andrea Renzi e Gigio Morra, dunque ho portato in scena ben quattro personaggi in un unico spettacolo."
Toni Servillo non ha mai nascosto una grande ammirazione per lei...
"Per me è un grandissimo esempio. Non posso definirlo un maestro, perché lui è troppo umile per porsi così. Ma un grandissimo esempio sì, un attore eccezionale che vive il suo lavoro senza divismi."
Nella sua carriera oltre al teatro c'è stato anche il cinema e adesso la tv. Non ci dica che non ha una preferenza...
"Preferisco il teatro. Ma l'importante è che qualsiasi cosa faccia, a prescindere dall'ambito, sia una bella avventura e sia un lavoro di qualità. Ci sono lavori teatrali di scarsa qualità, così come prodotti televisivi di buon livello. In passato, ad esempio, mi sono ritrovato a rifiutare alcune proposte di fiction, ma ho accettato volentieri "Benvenuti a tavola", al fianco di due grandi attori come Fabrizio Bentivoglio e Giorgio Tirabassi."
Com'è andata questa esperienza televisiva?
"Questa esperienza viene dopo il film per il grande schermo "Una vita tranquilla", dove interpretavo il ruolo drammatico di Diego. Con questa fiction ho voluto cogliere l'opportunità di cambiare completamente registro. Così sono ingrassato di qualche chilo per diventare Cecio, un simpatico e solare personaggio del Sud, una sorta di Arlecchino che si trova in mezzo a due padroni. E' stata la mia prima volta con un'esperienza di lunga serialità, ben sei mesi di lavorazione che nessun set cinematografico può offrire, cosa che per un attore giovane diventa una palestra utilissima."
Però è ritornato anche al cinema, con un film della regista Premio Oscar Susanne Bier...
"Il titolo provvisorio del film è "All you need is love", come la celebre canzone dei Beatles, e uscirà il prossimo autunno-inverno. Il mio è un piccolo ruolo, ma mi ha dato l'occasione di farmi avvicinare ad un modo diverso di intendere il cinema rispetto a come lo intendiamo noi in Italia, il Dogma di Lars von Trier, una vera e propria filosofia che vuole il cinema ridotto all'essenziale, privo di ogni orpello."
C’è chi considera il cinema italiano morto, secondo lei in che condizioni versa?
“Non credo che non esista più il cinema italiano, recentemente l’hanno riportato in vita registi come Garrone, Sorrentino, e anche un regista forse meno conosciuto ma che a me piace molto, Andrea Segre.Certo, la crisi economica c’è, ma ancor più che i contributi economici sono i contributi dei veri talenti ad essere importanti.”
Per finire, ci dice cosa sogna per la sua carriera Marco D’Amore?
“Di continuare ad avere sempre la possibilità di scegliere.”
di Angela Lonardo
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