Desaparecidos. Chitarra, canzone e luce da balera per il tango della morte |
NAPOLI - Quante cose possono accadere nel breve tempo di una canzone? “La gente spariva e non si sapeva dove, come e perché”. Che desaparecidos non voglia dire semplicemente “scomparso” ce lo confida un documento teatrale, attraverso uno scenico militare pentito, sulle tavole del palco Il Primo di Napoli fino al 1° aprile. Una confessione senza interrogatori estenuanti e scontati, ma non priva di consapevolezza storica. I vuelos de la muerte erano considerate morti cristiane perché prive di sofferenza, dal momento che le vittime sedate e lanciate da un aereo nell'Oceano Atlantico, non sapevano di morire.
Angela Sales sceglie una tematica che fa abbassare ancora lo sguardo per la vergogna alle finte democrazie complici dei delitti della dittatura militare in Argentina tra il 1976 e il 1983. “Ma che bisogno c’era di sterminare un’intera generazione?” è il monito delle madri coraggio dei bambini trattati come bottino di guerra in Plaza de Mayo a Buenos Aires.
Nella scenografia essenziale di Armando Alovisi, tra le luci evocative di Ettore Nigro, un racconto, mai noioso, mai eccessivo, che denuncia gli orrori attraverso i corpi e la forza artistica di Danilo Rovani, Antonio Buonanno, Serena Pisa, Valentina Tedeschi, Piera Violante,Viviana Taurisano e Rosa Orefice.
Una chitarra, una canzone, una luce da balera per descrivere il tango della morte. Lo spettatore viene portato dentro pian piano, come fosse uno dei condannati, stordito dai fatti, viene “traslato” nel dolore. “Trasladar” era il termine con cui gli uomini ridotti a cose venivano portati da un luogo all’altro. Uno dei tanti modi per rendere normale l’aberrante e non chiamare le cose col proprio nome. “Il dolore è alla fine” dice la regista che ha saputo descrivere la violenza senza scene melodrammatiche ma a tinte forti. Con eleganza, ha lasciato che lo spettatore osservasse, proprio come nell’abitudine argentina di fissare lo specchio credendo che la vita sia lì dentro. Così, un coro, composto ma illuminato dai volti bagnati di lacrime, canta con fiducia che “Cambia Todo” perché il tempo di una canzone usato per annientare è lo stesso usato per dimostrare, emozionare e riscattare.
di Anita Laudando
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