CASERTA - Vincitore a soli ventisei anni del premio Riccione, il riconoscimento nazionale più prestigioso della drammaturgia contemporanea, oggi, sette anni dopo, Mimmo Borrelli è considerato il più grande drammaturgo italiano del momento. L'autore, nella veste anche di regista e attore, è stato nell’ultimo fine settimana sul palco di OfficinaTeatro di San Leucio a Caserta. Nello spazio teatrale di Michele Pagano, Borrelli ha portato in scena Malacrescita, tratto dalla sua tragedia La madre: i figlie so’ piezze ‘i sfaccimma.
Una fila di bottiglie di vetro, verdi e vuote, che formano una sorta di recinto abbellito con qualche fiore sparso: l'effetto è quello di un piccolo cimitero, un luogo che ha qualcosa di sacrale e qualcosa di occulto. Non poteva che raccontarsi in uno spazio del genere la storia, o meglio il “cunto”, di Maria Sibilla Ascione, Madonna e Sibilla cumana, che prende forma attraverso le parole e i ricordi dei suoi due figli gemelli e scemi. Due sventurati che sono stati allattati con il vino da una madre Medea che li uccide senza ammazzarli, abbandonandoli alla loro “malacrescita”. Questa storia simile a una tragedia greca di Euripide è in realtà una discesa agli inferi del nostro meridione, recitata nel dialetto flegreo di Torregaveta.
Il linguaggio è a tratti incomprensibile, ma si capiscono appieno il dolore e la disperazione di tre esistenze invisibili. Quella di una donna, vittima e carnefice di un padre camorrista che l’ha avviata precocemente all’adolescenza con gli estrogeni dei suoi pomodori inquinati, e di un marito, un Sandokan-Giasone la cui vita da boss di quartiere ce la possiamo ben immaginare. E quelle dei suoi due gemelli dementi, abbandonati prima da lei e poi dal mondo. Loro, gli unici sopravvissuti di questa vicenda, la rievocano tra le urla e la musica di Antonio della Ragione, alle prese con fischietti, gong, mini-xilofoni e campanelli. Un monologo crudo e intenso, di grande teatralità e di grande impatto emotivo, dove anche i vivi sono morti e dove il mondo moderno continua a rimanere arcaico. Borrelli con slanci onirici e visionari ci mette di fonte alla realtà, quella fatta di terreni violentati ed ecomafie, quella che viviamo in una società incancrenita che è colpevole della “malacrescita” di tutti.
di Angela Lonardo
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