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Mercatini di Natale meglio del mercato della stampa e dei "nuovi economisti"

mercatini-di-natale-a-caser CASERTA - Gentile Direttore, Siamo in pieno clima natalizio, e tradizione vuole che in questi giorni dobbiamo essere tutti più buoni, scambiarci gli auguri mangiare a più non posso. Però, non sempre per tutti è così. In questi giorni festivi ma non festanti, per le note vicende che sta attraversando il nostro Paese, approfitto di qualche ora di tempo libero per parlare di “alcuni miserandi maîtres à penser” casertani, rappresentanti di associazioni di categoria, assurti agli onori delle cronache caserecce grazie alla stampa locale, i cui giornalisti pare non abbiano ritenuto opportuno intervistare anche qualche altro rappresentante di categoria che non fosse targato Ascom o Confesercenti. Diamine, forse era il caso di sentire anche qualche rappresentante di altre Categorie, che ne so tipo: Confartigianato Imprese, CNA, insomma, qualcuno che la pensasse diversamente.
Egregio Direttore, lei che esercita l’arte dello scrivere su un giornale autorevole, sa bene che, un giornale per essere definito tale, deve conquistare i lettori cercando di esprimere idee, convinzioni, progetti, sentimenti, mostrarsi come pungolo per la classe politica spronandola a fare meglio ed ergersi a guardiano dei cittadini. Insomma, deve essere capace di lasciare un segno sulla società del suo tempo. Il mestiere del giornalista, inoltre, è quello di un artigiano coscienzioso alle prese ogni giorno con le verità modeste dei fatti, che vanno rettificati, ritagliati, precisati quotidianamente senza avere la pretesa di imporre nessuna verità. Essere critici, cercando d’essere imparziali, sapendo che la realtà è complessa e che esistono punti di vista diversi. Lei sa bene che il giornalismo è assunzione di responsabilità, impegno professionale e presenza nell’organizzazione sociale; se l’organo di stampa non rispecchia queste caratteristiche, significa che è tutt’altra cosa e, ci troviamo allora, al cospetto di un giornalismo di condominio o al massimo d’oratorio. Espresso il mio modesto parere su cosa intendo per giornale, mi consenta di ritornare sul discorso mercatini di Natale a Caserta. Fino adesso ho ascoltato con attenzione, ho letto, fotografato e indagato “sui mercatini di Natale”. Ho visto dagli inizi di novembre una massiccia campagna di comunicazione che ha pubblicizzato per tutta la regione Campania, l’evento. Poster 6x3, siti web, manifesti, spazi pubblicitari su quotidiani di rilevanza nazionale e regionale, spot radiofonici, bici, tandem e tricicli. Insomma, mi sono detto: “Finalmente la Città di Caserta si è decisa a non essere più una colonia partenopea ed è capace di agire da sola e organizzare le cose per bene”. Addirittura, ho visto che per incoraggiare le visite in città, sono state anche fatte delle convenzioni con i parcheggi, cosa non da poco, considerati i prezzi usurari per sostare un veicolo. Ho veduto anche una grande partecipazione di pubblico che si è catapultata in città. In breve, sono state create le condizioni adatte per dare un forte impulso all’economia cittadina e all’intero territorio. E invece, per il presidente dell’Ascom, (novello “Keynes” cittadino) di un suo sodale esperto in panni, (ma per l’occasione improvvisatosi dotto in “Estetica”), e del presidente della Confesercenti altro venditore di panni. Ma, per la circostanza riciclatosi come rattoppato economista, tanto da vedere gli spazi del mercatino “una brutta succursale del mercato”; confondendoli, probabilmente con quelli da loro organizzati qualche anno addietro.
Sono costoro, egregio Direttore, i nuovi illuminati cui le associazioni sopraccitate fanno sfoggio e che da circa un mese, peggio di un tribunale dell'inquisizione tendono a parlare di materie o argomenti di cui non hanno nessuna competenza. Mai come in questo caso la locuzione latina “Sutor, ne ultra crepidam” “calza” … è il caso di dire: proprio a pennello. A questi santoni della finanza casertana, ha dato fastidio che grazie ai mercatini si sono riversate in città migliaia di persone che hanno portato benefici all’economia cittadina e hanno aperto il capoluogo a nuovi ospiti. Altro che concorrenza sleale. Invece di criticare sarebbe forse cosa buona e giusta che alcuni di loro, invece di arroccarsi su posizioni arcaiche, rivedessero il loro comportamento e perché no anche i prezzi della loro merce. In un paese liberale, egregi sacerdoti dell’economia cittadina, l’imprenditore, produce una merce (o un servizio) e se con ciò riesce a soddisfare i bisogni della gente, ottiene profitto, e resta sul mercato. Resta sul mercato non solo se riesce a risolvere vecchi problemi in modo migliore e a prezzi più bassi di quanto sanno fare altri; vi rimane pure se sa creare, con i suoi prodotti, nuovi bisogni: l’imprenditore è, dunque, creatore di soluzioni per nuovi, e di nuove soluzioni per soddisfare in maniera adeguata i vecchi bisogni. È soltanto l’esperienza successiva che mostra loro dopo l’evento se avevano ragione o torto nelle loro imprese e nei loro investimenti. E difatti, il mercato prova quotidianamente gli imprenditori, eliminando quelli che non sanno passare la prova. Esso tende ad attribuire la condotta degli affari agli uomini che sono riusciti nel soddisfare i bisogni più urgenti dei consumatori. Competizione, infatti, deriva dal verbo cum – petere, che significa cercare insieme: cercare insieme in maniera concorrenziale nel mercato, la migliore soluzione. Nel mercato vince chi ha saputo inventare e produrre una merce che risolve un problema meglio di altre merci. Sul mercato (non truccato e senza protezioni) sovrani sono i consumatori con le loro preferenze, preferenze illuminate da valori scelti. Il mercato è un processo di soluzione di problemi. Ma, esso è anche, o soprattutto, un processo di esplorazione in cui gli individui cercano nuove opportunità che, una volta scoperte, possono essere usate anche da altri.
A quanti gridano a perdifiato “male” e criticano tutte le proposte fatte da altri, ma che non suggeriscono nessunissima idea di come arrivare al meglio, consiglio di impegnarsi nell’edificazione d’idee migliori piuttosto che l’installazione di misere giostrine o di fiumi di danaro veicolati in alcuni punti della città. E consiglio anche di farsi qualche giretto per la nostra bella Italia per comprendere come sono organizzati i mercatini in luoghi forse… forse… più importanti della nostra amata Caserta. Ho fatto una piccola indagine e ho visto che la barocca Lecce, definita la Firenze del Sud, ha montato i gazebi bianchi come Caserta, e che dire della "Primogenita" Piacenza, e di Firenze, Roma, Palazzolo e tante altre città del Nord … e per tornare di nuovo al Sud Avellino, tutte Ahi, Ahi, con gazebi bianchi che per dovere e correttezza di cronaca allego le foto. L’unica diversità è che in quelle città l’interdizione alla circolazione dei veicoli è stata imposta in maniera draconiana, non come a Caserta dove l’isola pedonale è una farsa. Lì però, i venditori di panni e i calzolai non intervengono su cose che non sanno. Come dire: a ciascuno il suo. Consiglio quindi, ai “critici caserecci”, che il loro dovere non è di biasimare e basta; è anche di cercare di capire a che pro, con quale senso e fine. Il primo dovere include il secondo, altrimenti l’esercizio è troppo facile e anche poco onesto.
Egregio Direttore, considerato il clima natalizio, spero di non apparire irriverente se prenderò spunto da un passo del Vangelo per chiudere questo mio lungo intervento. Non lo faccio per spostare il discorso sul piano religioso, che non mi compete, ma perché non conosco spunto migliore per illustrare l’etica alla quale un “cittadino” esemplare, che voglia svolgere correttamente i compiti che gli sono affidati nella società, deve restare fedele soprattutto in questi tempi difficili e impegnativi. Mi riferisco alla parabola dei talenti. Lei certamente ricorda dell’uomo che chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. E ricorda sicuramente del servo che, per viltà, sotterrò il talento a lui affidato, senza farlo fruttare, e perciò fu punito. E degli altri due che, chiamati a rendere i conti, mostrarono di averli fatti fruttare e furono chiamati servi buoni e fedeli e furono premiati. Il cittadino che s’impegna nel ruolo di guida delle Associazioni di Categoria, è come uno di quei servi, al quale la collettività affida una parte dei propri talenti, perché li faccia fruttare, perché dalla loro combinazione esca qualcosa di più che assicuri i mezzi per l’evoluzione della società civile e dell’uomo. Se invece, questi “deus ex machina” di Confesercenti e Ascom si comporteranno come “servi iniqui” i talenti marciranno sotto terra e non avremo mai una città migliore.
Nel ringraziarla dello spazio che spero mi conceda, le porgo cordiali saluti.

Lettera ricevuta da Lello Santamaria
Data:  29/12/2011   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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