NAPOLI - Direttore Unità Operativa di Urologia dell'Azienda Ospedaliera Polo Universitario "Luigi Sacco" di Milano, il professore Franco Gaboardi, che ho incontrato nel corso di un Convegno sulle tecniche più all’avanguardia in chirurgia Urologica, svoltosi a Nocera, è una persona aperta e simpatica, pronta alla risata e amante del sud Italia. Ha eseguito il primo intervento in chirurgia laparoscopica per una prostatectomia radicale nel 2001, e nel 2004 presso il reparto da lui diretto, ha operato per la prima volta in Italia, un paziente di prostatectomia radicale utilizzando il robot. L’operazione si svolge non più con il chirurgo impegnato al tavolo operatorio, ma attraverso speciali strumenti inseriti nel corpo del paziente, collegati a un computer; una nuova sfida per i chirurghi, che devono imparare questa tecnica assolutamente rivoluzionaria. Nel centro diretto da Gaboardi, routinariamente si eseguono in laparoscopia interventi per le più importanti patologie in onco-urologia: tumori del rene, della vescica, del testicolo e della prostata.
Presso L’ospedale "Sacco", l’utilizzo della chirurgia mininvasiva è ormai di uso quotidiano. Ma chi è nel privato Franco Gaboardi?
In campo artistico è un estimatore della pittura dell’800 e del '900, ma afferma di cominciare ad apprezzare l’arte contemporanea e post 900. Dopo avere a lungo sciato, si è avvicinato ora al kite surf, disciplina che lo ha intrigato e incuriosito, uno sport, ritenuto dai più difficoltoso. L’ha subito considerata una sfida che lo stimolava a impegnarsi, il primo corso per impararlo lo ha seguito negli States, al termine di un congresso; gli altri, poi, in Italia, bevendo molta acqua per imparare: sia di lago sia di mare.
Un altro dei suoi passatempi, che si può definire una seconda attività, ricevuto in eredità dal papà quando è mancato, l’Azienda di famiglia. Un allevamento di mucche che producono un ottimo latte che poi viene venduto alla Centrale del latte di Milano. La moglie Giulia, di origini Pugliesi, è una pediatra; i figli Vittorio di ventisei anni (ha studiato per diventare autore tv) e Alessandro ventunenne (studia economia a Milano) non hanno seguito le orme dei genitori, poiché giudicano la vita del medico troppo impegnativa.
Il modo in cui è arrivato alla scelta della facoltà non lasciava presagire quella che poi sarebbe stata invece una carriera estremamente brillante. Il giovanissimo Franco era attratto dalla facoltà di Architettura, cui però decise di non iscriversi perché all’epoca era estremamente politicizzata.
Fu grazie a due zii medici che si iscrisse a medicina, loro gli assicurarono che era una facoltà interessante. Era uno studente attento, che amava anche divertirsi. Definisce il periodo universitario come il più bello della sua vita. Riferisce poi di avere messo in pratica nella sua professione di medico tutta quella inventiva che lo aveva spinto a pensare che l’architettura sarebbe stata la sua strada, e, dunque, la curiosità che lo ha stimolato a sperimentare quanto di nuovo e “innovativo” si potesse immaginare nella medicina.
I sacrifici degli inizi della professione sono stati notevoli, ha frequentato l’università di Genova diretta dal professore Giuliani, che è stato un grande maestro e che ricorda con enorme affetto. Fino al quarto anno non aveva ancora deciso in cosa specializzarsi, aveva fatto un po’ di tirocinio nei reparti di cardiologia, diabetologia ed ematologia, senza però appassionarsi veramente. Una notte un paziente arrivò in preda a una colica renale (al tempo i calcoli al rene si operavano), scoprì di essere portato per la chirurgia.
L’immediatezza della guarigione - il paziente la mattina dopo aveva superato il problema - lo affascinò immediatamente, capì quindi di non essere portato per la medicina interna in cui bisogna aspettare che i medicinali facciano il loro effetto.
Si è reso conto, in seguito, di avere avuto un ottimo maestro, quando nel corso della professione ha capito quanto fossero stati importanti i fondamenti ricevuti, una base solida che gli ha permesso di arrivare a fare un intervento come quello presentato in questi giorni, durante il convegno voluto da professore Sanseverino, che lo ha invitato a mostrare la “laparoscopia con la tecnica Single Port”.
Un solo foro di entrata e non più cinque come nella laparoscopia tradizionale. Praticamente i diversi strumenti chirurgici, compresa l’ottica che permette una visione all’interno del corpo, vengono inseriti attraverso un unico “Trocar”, permettendo al chirurgo di fare una sola incisione invece di cinque; più rapido il decorso post operatorio del paziente e dal punto di vista estetico il risultato ovviamente è migliore. La tecnica è ancora allo studio dello stesso specialista per verificare che sia una metodologia che anche altri colleghi possano utilizzare e che non resti nel virtuosismo di pochi; che sia effettivamente utile per il paziente, in modo che non venga unicamente ricordato come un bell’intervento ma che diventi una procedura routinaria se effettivamente ne valesse la pena.
La medicina moderna si dirige sempre più verso la mini invasività delle manovre chirurgiche in quanto si prefigge di salvaguardare maggiormente l’integrità della persona. L’evoluzione della chirurgia porterà in un futuro sempre più prossimo al maggiore rispetto del corpo e alla salvaguardia estetica di questo. Si laurea presso l’Università di Parma, si trasferisce a Genova per la specialità e in seguito a Cremona e poi a Milano.
Una serie di viaggi all’estero per scoprire tecniche o centri che riteneva interessanti caratterizzano la sua lunga carriera, portandolo però alla consapevolezza che i chirurghi italiani sono bravi tanto quanto i colleghi stranieri. I medici italiani non sono, infatti, generalmente supportati dalle strutture nelle quali operano, il medico stesso deve provvedere a tutto, comprese le fotocopie. All’estero, invece, i chirurghi sono liberi di esprimersi al massimo delle loro capacità in quanto avvantaggiati nello svolgimento del loro lavoro in ogni modo dalla struttura. Questo, talora, si rivela anche un limite per gli stranieri che davanti a un imprevisto non contemplato dai protocolli, a volte si trovano in grave difficoltà; gli italiani, invece, sono più pronti e flessibili nella gestione dell’imprevisto. Bisogna però confermare che quando si riesce a coniugare le capacità mediche a quelle organizzative nelle strutture sia nazionali sia estere, si ottengono risultati assolutamente di eccellenza. E’ affascinato dalle persone che possono cambiare il corso della storia, anche con estrema umiltà, come a esempio Madre Teresa di Calcutta, che tanto ha fatto per i meno fortunati. Oggi c’è molta sovraesposizione, mentre si dovrebbe cercare di operare in silenzio e aspettare che siano gli altri a giudicare il proprio lavoro, cosa assolutamente non facile. Ha conosciuto persone di spicco e altre meno importanti ma ritiene che da ognuno ci sia qualcosa da imparare, bisogna essere attenti osservatori e carpire quanto di buono c’è negli altri.
Trascorre le sue vacanze in Puglia dove possiede una casa, la moglie gli ha fatto amare questa terrà di cui apprezza la cordialità, la familiarità e l’umanità tipiche del meridione. Ha tanti amici con cui trascorre gioiose serate, durante i periodi che riesce a ritagliarsi per le vacanze. Ritiene che le nuove tecniche chirurgiche siano accessibili a tutti i medici a patto che questi abbiano voglia di impegnarsi e di sacrificarsi, che abbiano gli insegnanti giusti. Ovviamente l’attitudine personale gioca un ruolo importante, non tutti sono Maradona ma tutti possono giocare a pallone, percorrendo le strade giuste e con i propri tempi.
di Emanuela Di Napoli Pignatelli
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