GENOVA - Teatro della Tosse, da mercoledì 1 dicembre a sabato 11 dicembre, ore 21, domenica 5 dicembre, ore 18.30, presenta DON CHISCIOTTE, drammaturgia F. Bellini, con Massimo Bellini e Stefano Laguni, disegno luci, Giorgio Cervesi Ripa, realizzazione scena Clelio Alfinito, realizzazione costumi Cinzia Virguti, assistente volontaria Lucrezia Spiezio, foto di scena Brunella Giolivo, regista assistente Tommaso Tuzzoli, regia Antonio Latella.
Debutta mercoledì primo dicembre alle ore 21.00, al Teatro della Tosse il Don Chisciotte di Antonio Latella. Lo spettacolo resterà in scena fino a sabato 11 dicembre, tutti i giorni alle ore 21.00 tranne la domenica alle ore 18.30.
Antonio Latella è una delle figure più importanti del teatro italiano contemporaneo. Allievo di Franco Passatore e Vittorio Gassman, inizia a lavorare in teatro a metà degli anni ’80 come attore e passa alla regia nel 1998 con lo spettacolo Agatha di M. Duras. Tra i premi vinti da Antonio Latella: Premio speciale UBU Progetto Shakespeare ed oltre (2001); Premio Luca Coppola/Giancarlo Prati Premio Girulà Migliore drammaturgia - I negri (2001); Premio Vittorio Gassman Premio speciale (2004); Premio "Teatro il Primo" Migliore produzione – Porcile (2004); Associazione Nazionale dei Critici di Teatro Migliore Spettacolo dell'anno - La cena delle ceneri (2007), Premio UBU Spettacolo dell'anno - Studio su Medea (2007).
Il "Don Chisciotte" di Latella è un incontro di due uomini fuori dal tempo. Nessun punto di partenza, nessuna destinazione, nessuna meta: solo l'infinito cammino di Don Chisciotte e Sancio Panza, due personaggi così simili nella loro follia e così diversi nella loro voglia di tornare alla realtà. Niente è taciuto, tutto viene detto in un linguaggio a tratti osceno, volgare, ma anche poetico, filosofico, alla ricerca di una comunicazione intima che renda conto del troppo dolore della vita e degli infiniti rumori, disturbi, della mente.
"Il bisogno di amore di Don Chisciotte è la cosa più reale che, per lui, possa esserci", sottolinea il drammaturgo Federico Bellini, ma è una ricerca vana come vano appare il tentativo di Sancio Panza di arginare la follia del cavaliere errante, follia che diventa vita.
Un viaggio che non finisce perché non può finire, come non può finire il desiderio di conoscere, come non può essere conclusa una frase che non trova più il suo punto, la sua naturale destinazione.
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