Moro, Craxi, Berlusconi finiti sotto i colpi della Prassi della Ragione Nolente |
ROMA - Aldo Moro, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi sotto i colpi della Prassi della Ragione Nolente, ovvero ciò che De Noce definì Cattolici – Comunisti. C’era una volta Aldo Moro. Non secoli fa. C’era una volta Bettino Craxi. Non molte lune fa. C’era e c’è Silvio Berlusconi. Il primo ha cercato di dialogare, da cattolico, con i marxisti e cattolici democristiani (“… liberate Moro senza condizioni…”: mi ricordo le parole di Paolo VI e mi chiedo ancora, dopo aver scritto tre libri su Moro, per quale motivo un Papa è sceso nel “particulare” del “senza condizioni”? Nessuno osa rispondere. Forse, pavesianamente, solo i morti lo sapranno) dopo, ma anche qualche anno prima, il tentativo del Comintern sovietico – italiano di prendere il potere tra il 1975 – 1976.
Moro venne lasciato nelle mani delle Brigate Rosse (Rosse e non “comunisti che sbagliano”) dai cattolici di Zaccagnini e Andreotti e dai marxisti di Berlinguer per una cosiddetta Ragion di Stato e non accettarono di “trattare” per la salvezza di un Uomo. Un Uomo, direbbe Oriana Fallaci, è sempre un Uomo nella civiltà dell’umanesimo. Eppure sia i cattolici che i marxisti non salvarono la vita di Moro.
Chi ha vissuto in trincea (nella Casa dello Studente) quegli anni, tra il marzo e il maggio del 1978, ricorda benissimo le Lettere di Moro ritenute, dai cattolici e dai marxisti, scritte da un folle o da un plagiato. Ma Moro aveva una sua logica ben precisa ed è “vietato”, sul piano filosofico e cristiano (cosa ben diversa del termine cattolico), considerarlo un assertore, dopo aver letto attentamente quelle tragiche Lettere, del cattocomunismo o del compromesso storico. Chi insiste su ciò ha poca cultura nella pratica dell’ontologia filosofica di Moro e conosce ben poco la sua storia a partire dagli anni Quaranta.
Craxi ebbe il coraggio di schierarsi per la salvezza di Moro. Fu un politico con le palle sotto e prese delle posizioni precise. Ma la tempestività delle Brigate cresciute a suon di falce e martello e stella non gli diedero il tempo di portare a termine una operazione. L’unico democristiano che cercò, insieme a Bettino, fu Fanfani. Entrambi arrivarono tardi. Ci fu poi il teatro della seduta spiritica alla quale partecipò il prode Prodi, già Presidente del Consiglio cattomarxista e candidato alla Presidenza della Repubblica.
Craxi comincia “male”, anzi benissimo, la sua impresa politica schierandosi, da riformista, per le trattative contro l’imperante azione comunista. Fu subito identificato come nemico. Successivamente tirò fuori le palle ancora di più e venne imbrigliato con gli stivaloni e la camicia nera e si andò avanti così additandolo come il politico della rulotte mentre la fila dei comunisti era lunga e il Bettino dettava leggi e regole ai rivoluzionari post massimalisti. Poi vennero i missili a Sigonella è pianto una trincea in difesa del Mediterraneo. Altre palle tirate fuori.
Poi venne Di Pietro e compagni. Ovvero la sconfitta della politica e la politica che viene sopraffatta dall’amministrare politicamente la giustizia. Magistratura democratica insegna. L’epilogo. Processo sommario a Bettino (ma per che cosa? Ricordo il suo splendido intervento in aula chiamando in causa Unione sovietica e comunisti italiani e cattolici e americani) con i soliti “resistenzialisti” alla Bella ciao che gli lanciarono monetine. Lo fanno morire in terra di Tunisi, nel suo Mediterraneo, (nell’anno del Signore 2000) per essersi soprattutto contrapposto alle logiche marxiste.
Berlusconi è il quotidiano nella storia. Non ho altro da aggiungere sulla questione e credo che possa essere considerato la sintesi di una logica cattocomunista tra Aldo Moro e Bettino Craxi.
Non è stato un Colpo di Stato sottile ciò che è accaduto in questi giorni? Una volta il Colpo di Stato si sviluppava con la tecnica dei carri armati che occupavano le città (Curzio Malaparte è un autore che bisognerebbe rileggere proprio in queste ore perché fu un profeta fuori patria con il suo “Tecnica del colpo di Stato”, ovvero “Manuale del perfetto rivoluzionario”, scritto nel 1930 e pubblicato nel 1931 in Francia e l’anno successivo in Germania accostandolo, però, con “Il Principe” di Machiavelli), oggi si può anche non definirlo di Stato ma elettorale sì.
Un Colpo Elettorale. Lo è stato quello all’interno del Pdl, lo è nella visione di un Governo (quello Letta) che è nato con la forza elettorale e politica di Berlusconi e non di Alfano, lo è se si pensa a come è stato eletto il Presidente della Repubblica con l’unità dei voti di Berlusconi.
Insomma: il Governo Letta è nato con i voti di Berlusconi, Napolitano è stato rieletto con i voti di Berlusconi, i ministri del Governo Letta sono stati indicati da Berlusconi: dove sta la logica politica se oggi Berlusconi viene estradato dal Senato della Repubblica Italiana?
Non c’è logica nella politica. È solo “prassi”. Gramsci è un ingegnere nel “manuale del perfetto rivoluzionario” che è stato preso da esempio, le sue idee non filosofiche (perché di filosofia non c’è un cazzo in Gramsci) sono l’intermezzo tra cattolici e comunisti.
Perché insisto su questo termine? Perché vengo dalla scuola filosofica di Augusto Del Noce e dal dibattito tra De Noce e Ugo Spirito nella bella dialettica dei miei splendidi anni universitari vissuti con l’intelligenza rischiosa di Gentile, Zambrano, Camus, Simon Weil, Cioran, Brasillach, Celine, Plotino, Seneca, Moro e non dai “Quaderni piacentini” o da “Lotta continua” nella tasca del culo dei pantaloni o dal “Quotidiano dei Lavoratori”.
L’intelligenza è sempre rischiosa. Il non pensiero proviene dalla prassi nel considerare la politica una Ragion Logica.
Chiudiamo il capitolo Berlusconi e riapriamo con Berlusconi un capitolo su una nuova capacità di essere nella politica non più credendo alla morte delle ideologie (Colletti Lucio aveva torto o ragione?), ma alle ideologie che hanno creato uno Stato della Prassi. È vero non più una Filosofia del Diritto, ma una Ragione della Politica in un processo che stabilisce, a priori, come superare il nemico quando il nemico diventa invincibile sia sul piano elettorale che su quello delle Idee.
La Prassi come Ragione di un Potere Governante. Il mio Papa Benedetto XVI, ovvero il Papa della grande Rinuncia, mi ha insegnato che: “L’anelito per la libertà e la verità è parte inalienabile della nostra comune umanità. Esso non può mai essere eliminato e, come la storia ha dimostrato, può essere negato solo mettendo in pericolo l’umanità stessa” (dal “Discorso al mondo accademico nel Castello di Praga”, 2009).
Quale è il punto di intreccio tra l’esercizio del potere e l’assoluto del potere? Può esserci libertà nell’Assoluto del Potere?
L’Assoluto del Potere va al mercato e chiede di acquistare un chilo di democrazia ma non la trova. Chiede due chili di Libertà ma i mercanti del tempio rispondono che è terminata l’altro ieri. E allora cosa fa l’Assoluto del Potere? Cerca di acquistare il mercato intero e i mercanti, ma qualcuno di questi mercanti sfugge e diventa una scheggia non impazzita, ma una scheggia per un movimento delle idee in nome della Libertà e dell’Orgoglio. Quella scheggia sta al di là del comunismo e al di là dei giacobinismi. È imprendibile. L’Assoluto del Potere riunisce così i pretoriani e decidono: Lunga vita a Cuba!
Ma la scheggia trova altre schegge e altre ancora… Cosa accadrà?
Anticomunisti, antigiacobini, liberali, tradizionalisti cristiani, conservatori, riformisti, nel chiedere venia per alcune parole scurrili che non fanno parte della mia estetica ma oggi occorre ben altra estetica, uniamoci per tutelare la Libertà del Popolo Italiano. Anzi per salvaguardare la Cittadinanza alla Libertà. È una filosofia del Diritto oltre la Prassi della Ragione Nolente.
di Pierfranco Bruni
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