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Analfabetismo religioso e arte. Il buon Dio si nasconde nei dettagli (Warburg)

pia di-marco-e-lut ROMA - A proposito dell’analfabetismo religioso. “Racheille racheulle” rispose infastidita la signora alla contadinella che si era avvicinata con la leggerezza degli animali di sottobosco. “Signora, come si prega?” aveva chiesto la povera donna con la confidenza delle persone semplici: non capiva una parola di quel mormorio continuo e seguiva le increspature delle labbra della vicina come un poppante la bocca della madre. La signora, indispettita per essere stata interrotta nelle sue orazioni, s’era inventata quelle due parolette. La povera donna, ringraziando, s’inginocchiò, giunse le mani, posò la fronte sulla punta delle dita e ripeté con tutti gli accenti di un cuore grande: “racheille racheulle”.
Questa storiella me la raccontava mia nonna quand’ero piccola - gran donna, ne sapeva tante di storie e di proverbi, seguiva il giro del sole recitandoli a seconda di quel che capitava in casa o in strada.
“Signora, come si prega? – è una variante della medesima storiella - “levate co’ quissi scarpuni” rispose la matrona, e a furia di rispondere così, la contadina, con incantevole candore, giunse le mani e prese a dire: “levate co’ quissi scarpuni” con un tale sentimento che nostro Signore l’ebbe come la più gradita delle preghiere.
Mentre ascoltavo su Radio3 un’interessante conversazione sull’analfabetismo religioso dei ragazzi, mi sono tornate in mente queste perle di saggezza di colei che mi era mamma due volte, come teneva a precisare, non sembrandole scontato il significato della parola “nonna”. Beh, la situazione a quanto pare è seria. Hanno chiesto a un campione di fanciulli dall’età imprecisata di indicare le persone della Trinità: “i Re Magi!” hanno risposto quelli. E chi era il papa di Dante? “Ponzio Pilato” ha azzardato qualcuno, “Erode” incalzava un altro. Tra Noè e Mosè nessuno sa distinguere, nessuno sa mettere in fila i nomi dei patriarchi biblici, dei profeti, degli evangelisti. I dieci comandamenti: chi li sa recitare? E il Padre nostro? Niente, vuoto assoluto. L’insegnante di religione attribuiva l’analfabetismo al fatto che Religione non “fa media”; altri illustri studiosi chiamavano in causa la Chiesa e la sua millenaria storia costellata di abusi e complicanze poco cristiane, ma mi chiedo se tutti costoro tengano presente che la Chiesa cattolica è l’erede dell’Impero romano: non si capisce perché dovrebbe esserle alieno lo spirito di conquista e il “fare imperio”, appunto.
Mi chiedevo anche come mai l’attenzione degli ospiti radiofonici non cadesse su un altro aspetto della questione. Perché insomma, per pregare non occorre sapere il numero esatto delle Virtù Teologali e Cardinali, neppure dei santi, ma appena una scolaresca sia introdotta nella Cappella Sistina o agli Uffizi o in uno dei musei del nostro povero italico territorio (sempre più espressione geografica) o in una chiesa, allora sì che è indispensabile conoscere le Virtù, magari anche le loro personificazioni, il ricchissimo bagaglio iconografico che permette di decifrare immagini altrimenti oscure. Che cosa penseranno mai questi giovani analfabeti di pale d’altare con accolite di uomini e donne in sacra conversazione intorno alla Madre e al Bambino? Chi se ne sta vestito di pelli, magrissimo e spiritato, chi, nudo e pieno di frecce quasi fosse scampato agli indiani, chi con un’accetta piantata in testa o con un paio di tette sul piatto: l’elenco sarebbe troppo lungo. Mai sospetterebbero che la bella ragazza con una bilancia è la Giustizia e l’altra, con un paio di pargoli da allattare, è la Carità; che il re con la cetra è Davide penitente e la magnifica e sdegnosa aquila è l’evangelista Giovanni. Come districarsi nell’universo infinito, di straordinario fascino, dell’iconografia medievale e rinascimentale senza conoscere la Bibbia, il Vangelo, le storie dei santi? Ed è pur vero come diceva Benedetto Croce, che l’esperienza del fatto estetico prescinde dai manuali di iconografia - la volta Sistina sconvolge anche chi non ne riconosca le storie della Genesi. Però, scoprendo il segreto dei cicli pittorici si dà vita agli uomini che hanno contribuito a tanta bellezza. Il buon Dio si nasconde nei dettagli soleva ripetere Aby Warburg, il primo a tentare un approccio con l’opera d’arte che non fosse puramente estetico. Warburg cercava di recuperare il tessuto palpitante della società che aveva prodotto quella determinata opera, ma per farlo aveva bisogno di entrare in sistemi di pensiero le cui chiavi di accesso erano – sono – le Sacre Scritture e il linguaggio iconografico, simbolico. Ogni variante nel proporre questa o quella storia sacra, ogni dettaglio contribuiva alla soluzione dell’enigma: e i nostri maggiori venivano avanti con confidenza rivelando la loro fede, i loro pregiudizi, le loro regole del vivere civile e familiare, i drammi personali, i programmi politici – soprattutto questi, perché a parlare in figura erano i potenti. In breve, dagli studi di Warburg e dei suoi allievi emergeva il buon Dio riflesso nelle generazioni per centinaia di anni.
A pensarci, l’analfabetismo religioso ci toglie, effettivamente, qualcosa di Dio.

di Pia Di Marco

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Data:  24/11/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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