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Dafne Rapuano a tu per tu con lo scrittore Angelo Forgione. “Made in Naples”

rapuano-e-forgione 2 CASERTA - Si chiama “Made in Naples” ed è pubblicato a Milano. Il paradosso dell’ultimo libro di Angelo Forgione, giovane scrittore partenopeo, che dell’amore per la sua città ha fatto una ragione di vita. Mentre era in giro a presentare il suo lavoro, gli ho sottratto alcuni minuti preziosi.
Scrive di Napoli e pubblica a Milano, come mai?
Scrivo di Napoli perché è la mia città, perché ha bisogno di essere conosciuta per quello che è stata veramente. Ho raccontato la vicenda di Partenope, non ho preteso di fare un libro si storia. Amo la mia città, vorrei che la conoscessero in tanti. Purtroppo, per avere una distribuzione nazionale che non sia con una casa editrice a pagamento, mi sono dovuto rivolgere al nord. Ebbene sì, a Milano. A Napoli l’editoria è al collasso. Anche i nomi più prestigiosi chiedono denaro per pubblicare e mi sembra veramente assurdo comprare la mia opera per poi venderla. Mi interessava incontrare un editore che credesse nel progetto, nel libro e nella città. L’ho trovato a Milano e va bene così.
Cosa un lettore trova nel suo libro?
Ho raccontato di Napoli senza esagerare. Non era mio interesse né esaltare oltre ogni ragionevole verità né denigrare. I primati di Napoli tanto spesso sventolati non sono sempre veri. Ho studiato e ho riportato solo le cose che ho trovato documentate.
Spesso chi parla bene di Napoli viene etichettato come neoborbonico. Lei lo è?
Non bisogna essere neoborbonici per parlare bene di Napoli, neanche filosabaudi per parlarne male. I Borbone non sono stati perfetti ma non sono stati neanche così male come una certa storiografia li ha raccontati. Solo in Italia dire Borbone equivale a un’offesa. In Francia, in Spagna questo non accade. Non è un caso che le migliori letture della nostra storia le abbiano fatte studiosi stranieri.
Il suo libro gode della prefazione di una prestigiosa firma: Jean Noel Schifano. Perché lo ha scelto?
Schifano è un importante intellettuale francese che ha eletto Napoli come sua seconda patria. Sua teoria è che con l'unificazione, i Savoia vollero trasformare Napoli in una città provinciale, senza successo, saccheggiandone gli immensi tesori. È sua convinzione che tutti i mali di Napoli siano nati a Roma facendo di tutto per trasformare la grande capitale che nei secoli è stata Napoli in una “città-bonsai”, privandola di banche, ferrovie, cantieri navali e opere d'arte.
L'hanno trasformata in una città assistita da tenere al guinzaglio. Per questo mi è sembrato naturale chiedere a lui e gliene sono orgogliosamente grato.
Sulla sua copertina campeggia una mela sul fronte e un cavallo rampante sul retro. Lei è un grafico pubblicitario. Qual è il messaggio che ha voluto dare?
Non è una mela qualsiasi. Si tratta di una mela annurca, simbolo di una terra felix ormai devastata. Per questo è nera. Figlia della Terra di Lavoro, frutto di uomini laboriosi, la più saporita tra tutte perché anche la più lavorata tra tutte. Tonda, perfetta, dal sapore inconfondibile. Il cavallo, invece, è simbolo storico di una Napoli indomita. Quando Alfonso d’Aragona riuscì, dopo mille traversie, a conquistare Napoli volle, per dare un segnale inequivocabile, imbrigliare la statua equestre che campeggiava nella piazza dove oggi insiste il duomo. Oggi lo ripresento libero, senza briglie, come vorrei che fosse. Libero come vorrei vedere liberata e orgogliosa l’immagine di Napoli, un paradiso violato da troppi.
Nella metafora del suo libro lei intende ricostruire il muro della cultura che partita da Napoli ha civilizzato il mondo. Mattone dopo mattone. Qualcuno...
Partiamo dalla pizza Margherita che tutti considerano nata in onore della regina omonima. Non è così. Documenti del settecento testimoniano che la pizza con pomodoro, mozzarella e basilico si faceva a Napoli già nel XVIII secolo, come raccontato nel 1773 dal cuoco pugliese Vincenzo Corrado che la descrisse nel suo trattato sulle abitudini alimentari del Regno. La penicillina? L’aveva già scoperta il molisano Vincenzo Tiberio che a Napoli venne a studiare medicina. Eravamo alla fine dell’Ottocento. La prima legge al mondo che riconosceva l’uguaglianza tra donne e uomini? A Caserta, nella Real Colonia di San Leucio, 1789 con lo Statuto leuciano voluto da Maria Carolina e Ferdinando IV. Ma se svelo tutte le sorprese che ci sono nel libro poi chi lo legge?
Progetti per il futuro?
Sto lavorando alla scrittura di un libro che parla di calcio come chiave di lettura per comprendere le differenze tra Sud e Nord, ricordando a tanti che non lo sanno che per decenni nel campionato italiano vi erano solo squadre settentrionali e nonostante questo si continuano a contare le coppe e le vittorie delle squadre, su scala nazionale, come se vi avessero partecipato tutti. Ne scopriremo delle belle.

di Dafne Rapuano
Data:  16/11/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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