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Il Natale in Casa Cupiello di Russo Alesi è spazi, tempi, umanità complessa

natale-eduardo NAPOLI - Un pennello che, come bacchetta magica, ridisegna le quinte immaginarie di "Natale in casa Cupiello" rivissuto come monologo sperimentale da Fausto Russo Alesi è il gioiello prodotto dal Piccolo Teatro di Milano con Teatro d'Europa dal 29 ottobre al 3 novembre 2013. Al Teatro Nuovo di Napoli. Il pubblico anticipa e bisbiglia le battute rese famose dal grande Eduardo. Un testo riconoscibile e sempre attuale. Freud in "Totem e tabù" scrive: "Se i processi psichici di una generazione non si prolungassero nella generazione successiva, ogni generazione dovrebbe acquisire ex novo il proprio atteggiamento verso l'esistenza, e non vi sarebbe in questo campo nessun progresso e in sostanza nessuna evoluzione".
E di questo, il taglio registico di Alesi è ben consapevole. Da abile incantatore ristruttura spessore ai personaggi.
Nennillo è reinterpretato con il cliché dell’omosessualità negata; rivissuta e a tratti modernizzata è anche Ninuccia, civettuola e sfacciata. Attraverso i figli, quali simboli del percorso generazionale, le dinamiche familiari fra Luca, Pasquale, Concetta, Nicola, Vittorio, diventano rito. Grande è la lezione di teatro in scena. Le maschere eduardiane radicate ed evocate in una scenografia soppalcata da teatro urbano, riescono ad agganciare il pubblico come comunità. Interamente compiuta la liminalità di cui parla Turner in “Antropologia della performance” è stato cioè colto quel punto di soglia tra il sacro e il quotidiano. Lo stesso corpo, il-lude, illude e gioca, dunque, con la molteplicità di personaggi che comunicano anche solo accennati.
Fausto Russo Alesi si fa vettore di spazi, tempi e percezioni di un’umanità complessa. Tra i pochi oggetti di scena che quasi spiritati, restano come fotografati nell’ultimo taglio di luce di Claudio De Pace, la commedia dell’umano dolore accoglie dentro un unico attore, la molteplicità dell’essere: uomo, donna, bambino, vecchio, giovane o narratore, l’interprete restituisce interamente l’universalità di una trama che non ha bisogno di essere spiegata. Siamo di fronte ad un autentico maestro, capace di restituire brividi e risate, vita e morte di quella grande tragicommedia che è l’esistenza.
"Ottenuto il sospirato “si”, Luca disperde lo sguardo lontano, come per inseguire una visione incantevole: un presepe grande come il mondo, sul quale scorge il brulichio festoso di uomini veri, ma piccoli piccoli, che si danno un dà fare incredibile per giungere in fretta alla capanna, dove un vero asinello e una vera mucca, piccoli anch’essi come gli uomini, stanno riscaldando con i loro fiati un Gesù bambino grande grande che palpita e piange, come piangerebbe un qualunque neonato piccolo piccolo…
Luca (perduto dietro quella visione, annuncia a se stesso il privilegio) Ma che bellu Presebbio! Quanto è bello!”

di Anita Laudando
Data:  5/11/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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