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Il canto popolare nella piazza di Vittorio Bodini. Nel centenario della nascita

cavallo-marilena-bodini ROMA - Il canto popolare nella piazza di Vittorio Bodini. Verso il centenario della nascita di Bodini. La piazza, le piazze del Sud, l’agorà mediterraneo sono gli spazi dell’incontro, del pensiero metafisico, della metafora, dei luoghi che abitano la poesia e il raccontare di Vittorio Bodini. Si prepara il centenario della nascita del poeta nato il 6 gennaio del 1914 a Bari e morte a Roma il 19 dicembre del 1970.
Già nel saggio del 2008 dedicato a “La poesia, la piazza, le parole. Incontrarsi senza darsi appuntamento” (Pellegrini) ho avuto modo di raccordare il linguaggio di Bodini, i luoghi e le metafore. Ora un lavoro sul Bodini delle piazze del mediterraneo diventa necessario. E su questo sto lavorando per una prossima pubblicazione.
Ma cosa è la piazza, cosa sono le piazzette, cosa sono i luoghi dell’anima in Bodini?
“Piazzetta bianca, monaca nera/che suona un campanello e non lo sente”. “In piazza, accoccolati/sulle ginocchie del Municipio,/stanno i disoccupati/a prender l’oro del sole”.
La piazza dei disoccupati, che attendono sulla gradinata del Municipio qualcosa che illumini la loro grama giornata è una piazza dall’anima fortemente popolare. Solo il sole, che bacia la piazza può donare ai senza lavoro l’oro dei suoi luminosi raggi.
Nella poesia di Vittorio Bodini ci sono componenti mitiche che si ba¬sano su richiami sacrali e rituali. Fenomeni di una antropologia del luogo. Le fonti di questi richiami, che interessa¬no tutta la prima fase di questo poeta pugliese che ha dedicato a Lecce e al territorio salentino pagine di grande valore estetico e artistico, sono nella cultura popolare.
Il sud, il paese, la piazza, i vicoli: sono tutti luoghi della cultura po¬polare perché sono luoghi della rappresentazione. Bodini il suo Salento lo ha vissuto fisicamente. Ne ha catturato gli odori, i segni, le giornate, le albe, le notti, i sapori, i dolori. Ne ha catturato le ironie e le al¬legorie. Soltanto dopo tutto questo è diventato materiale poetico. Il luogo unico pavesiamo è non solo il luogo del mito-poesia è anche il luogo del mito-realtà-rappresentazione.
Il Sud di Bodini è un sud in cui la memoria ha voci antiche, ma penetranti. E basta poco per raccontarsi (in un incrocio tra linguaggio-poesia e richiami quasi ancestrali che però sono all'interno di una cultura contadina e popolare) in una sola im¬magine il sud: "Tu non conosci il Sud, le case di calce / da cui uscivamo al sole come numeri / dalla faccia di un dado" (da La luna dei Borboni).
Nel¬la cultura popolare in fondo c'è l'identità del mito, la quale come in questo caso, si fa ridefinizione poetica. Una coralità che richiama l’onirico della piazza – luogo reale – luogo metafora.
“Una chitarra al centro d’una piazza:/una piccola piazza/posta fra i muri bianchi come una foglia,/come un sorriso dimenticato”.
Bodini attraverso la sua poesia (e ci riferiamo sempre alla sua prima stagione poetica: La luna dei Borboni del 1952, Dopo la luna del 1956, La luna dei Borboni e altre poesie del 1962; la seconda stagione comincia con Metamor del 1967) porta sulla scena un percorso sul quale il sentimento popolare richiama viaggi nella magia, nel sogno, nella storia di un pro¬fondo sud, che riemerge con la tastiera dei suoi simboli e con il sangue di intere generazioni.
Bodini parla della provincia come tessuto all'interno del quale l'incontro tra cultura contadina-popolare e cultura dell'industria mostra tut¬ta la sua differenziazione. La provincia dice Bodini, facendo la differenza tra il centro e la periferia e quindi tra due modelli di cultura, "ci sembrava insomma assai più autentica che la nazione, i cui problemi e linguaggio non riuscivano più a investirla e modificarla". Anche dal punto di vista della cultura la provincia costituiva, dice Bodini, un asse fondamentale che implicava problemi linguistici.
"Sulla piazza di Torchiaro¬lo / dalle case rosse e blu / le anime sante del purgatorio / invocano Maria e Gesù. / I ragazzi bussano ai vestri, / i vestri bussano all'ombra, / l'ombra chiede al setaccio / chi sarà il suo fidanzato. / Cade un tramonto ammantato / d'un sarape verde e viola" (idem). In piazza, accoccolati / sul¬le ginocchia del Municipio / stanno i disoccupati / a prender l'oro del sole" (da La luna dei borboni).
La provincia allora diventa il luogo intorno al quale si muovono i simboli e le ironie. La provincia diventa l'identità delle radici. La provin¬cia diventa serbatoio di una cultura popolare da riproporre attraverso, nel caso di Bodini, la parola, il canto, le assonanze e le immagini che sono magia e mistero, così come sono tali gli archetipi che sono alla base delle radici dello spirito popolare. La provincia e una espressione che condensa una cultura e un'anima.
La poesia di Bodini è canto è nella luce del passato e nel futuro che domanda di capire il passato. Lo spirito di una cultura è in questo viaggio.
Un viaggio che segna la clessidra dell’andare e ritornare e ritrovarsi.
Nella piazza sempre ci si ritrova.
“Lingua di fuoco pallido e sapore/di mela era sul viso della piazza/la luna”

di Marilena Cavallo
Data:  1/11/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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