Il grande Luigi Magni nella storia, nella scena dell’immagine e dell’immaginario |
ROMA - La morte del regista Luigi Magni. Dal regista allo sceneggiatore tra storia e letteratura: una magistrale testimonianza. Ha riletto sceneggiando il Machiavelli de La Mandragola. Tra regia e sceneggiatura Luigi Magni è stato un protagonista in quell’attraversamento che ha visto come protagonista la recita nel cinema e il vissuto della storia nella scena dell’immagine e dell’immaginario. Si tratta di un fatto importante che pone tuttora una questione di legame tra la storia che va rese “popolare”, la letteratura e la macchina da presa in una visione in cui il gioco tra scena e retroscena diventa fondamentale.
Ci sono alcuni film di Luigi Magni che hanno permesso di far entrare l’ironia, il giocondo, se pur visto con un occhio pirandelliano come il suo mal giocondo (di Pirandello), il sarcasmo nella storia vera. Perché l’immaginario ha un senso nel cinema ma c’è un immaginario che riflette l’immagine della storia. Scena e retroscena sono in strettissimo legame con un rappresentatività che propone, anche teatralmente, una ribalta. Non sto qui ad elencare i numerosi film di Magni, film che ha diretto e sceneggiature per altri registi.
Ma i film di Luigi Magni sono “pezzi” di storia, di letteratura, di ironia, di leggere e attraversare il mondo cattolico e laico attraverso i fatti che diventano ironia. Luigi Magni è morto a 85 anni. Certamente restano le sue regie, le sue sceneggiature, le sue collaborazioni ma resta soprattutto l’uomo di cultura che ha saputo, ed è riuscito intelligentemente senza mai alcuna forzatura, confrontarsi con gli avvenimenti, con i personaggi con ciò che si usa chiamare macchiette.
Un regista che ha raccontato come se il tutto fosse in una cronaca che diventa storia e la storia è storia di fatti e di interpretazioni, di destini, di tragedie collocate anche all’interno della commedia. C’è un dato chhe reputo centrale nell’opera di Magni. Il senso del tragico si innerva nella commedia grazie al riso, attenzione: non al sorriso. Si pensi alla Roma papalina e risorgimentale. Il suo Risorgimento si propone con diversi spaccati che diventano chiavi di lettura non tanto del regista ma sono le chiavi che permettono di descrivere un avvenimento e un’epoca.
C’è, comunque, sempre una relazione tra storia e realtà. Infatti, i film di Magni sono storia. Ha raccontato attraverso la macchina da presa anche una storia anticonformista servendosi sia della rigorosità sia, in molte occasioni, come si diceva, dell’ironia. Voglio ricordare, tra i tanti, il film ‘O Re oppure il film su Ponzio Pilato.
Nel prima regia si racconta l’altra storia dell’Unità d’Italia con un narrare straordinario e una magistrale interpretazione di Ornella Muti e Giancarlo Giannini. Ma è il concetto di storia che ritorna in modo profondo dando una originalità particolare all’ultima regina del Sud. Ovvero a Maria Sofia interpretata dalla Muti in una bellezza lunare, forse è una delle interpretazioni più riuscite di Ornella con un Giannini che porta sulla scena un Re di altro spessore, rispetto a come è stato descritto in altri contesti, sul quale si è molto ironizzato.
Nel secondo film c’è il Pilato incredulo e l’immagine di Claudia, la moglie di Pilato, assume una centralità completamente da leggere sulla linea tra il sinottico e l’apocrifo.
Penso anche In nome del Papa Re. Un film toccante che rende protagonista una cultura popolare non “cinematografata” ma è un popolo reale che scava non nell’immaginario ma nella verità. La storia come verità?
Penso ancora al film In nome del popolo sovrano. Insomma la cultura identitaria del popolo, in Magni, resta fondamentale fino ad uno dei più recenti La Carbonara. Mi verrebbe da consigliare, ma è un giudizio del tutto personale, di rivedere oggi la versione de La Tosca senza, chiaramente dimenticare il film che più preferisco che è il già citato ‘O Re.
Non bisogna dimenticare lo sceneggiatore. Tante sono state le sceneggiature. Voglio citarne una: La Mandragola. Un film, tatto dal testo di Machiavelli, il cui regista è Alberto Lattuada e risale al 1965. Una sceneggiatura imponente e ne esce fuori un Rinascimento attraversato da storia e letteratura con una centralità forte dei personaggi. Aver sceneggiato Machiavelli non è facile. Il Machiavelli sceneggiato da Magni sarebbe da riproporre soprattutto alle nuove generazioni che vogliono capire il teatro dell’autore de Il Principe.
In molti film regista e sceneggiatore è sempre lo stesso Magni. È un film, il suo, di alto livello. Ci ha insegnato che si può fare cinema con la storia e la letteratura e che storia e letteratura possono essere resi popolari e comprensibili con la macchina da presa.
Accanto al cinema c’è la televisione. C’è il teatro. Il Rugantino del 1962 portato in teatro è suo. Ma resta un dato di fondo. Il rapporto tra ironia e commedia non è sempre un divertimento o un ridere. Per questo ho parlato del riso.
Il senso del tragico è un tassello anche quando si racconta della Roma papalina e dell’Unità d’Italia e i dialoghi dai torrioni di Gaeta tra Maria Sofia e il suo Re lo dimostrano mentre l’assedio antiborbonico è spargimento di sangue in una storia che cambia il volto di una Nazione.
di Pierfranco Bruni
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