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Quando Oriana Fallaci mi disse: la devi smettere di sparlare di me, hai capito?

delfini-mirella ROMA - Ricordi di Oriana. Un giorno Oriana m'ha telefonato da Firenze abbaiando: "La devi smettere di sparlare di me, hai capito?" - "Coosa? Io parlo male di te?" - "No, scema, ne parli bene, troppo bene, ma non capisci che ci ho messo una vita per farmi considerare cattiva, pestifera, odiosa, aggressiva? Invece quando la gente parla con te, tu smonti quella fama che mi son fatta con anni di fatiche ..." Io ridevo, ridevo, però le ho dato ragione, doveva restare l'Oriana che faceva "tremare le vene e i polsi" anche ai capi di Stato, così non ho più parlato di lei né in bene ma neanche in male perché eravamo amiche per la pelle, noi due. Un giorno, però, durante un servizio a Londra, la rabbia è stata più forte di me: ero in un bar con altri giornalisti e un collega invidioso della sua notorietà e bravura si è messo a parlare di lei in modo così maligno che non ci ho visto più e gli ho rovesciato addosso il tavolinetto con tutti i bicchieri sopra. Scandalo. Però lui, almeno a quanto ne so, da allora è stato bene attento a non dire altre carognate su Oriana Fallaci.
A volte ci capitava di fare lo stesso servizio, lei per l'Europeo, io per Tempo settimanale e qualche episodio l’ho raccontato nel mio libro “Andrà Tutto Bene” che è una specie di autobiografia. Ne ho parlato anche in un capitolo che riguardava un mio viaggio nel Sud dell’America ‘alla ricerca di Luther King’. Lei non c’era, ma io spiegavo che i giornalisti si cacciano dappertutto.
“Mi viene in mente una cosa buffa – scrivevo – che non c’entra con Luther King, ma riguarda l’intrufolarsi ovunque a qualunque costo. Quando Baldovino ha sposato Fabiola, in una mattina d’inverno nella chiesa di Saint Gudule a Bruxelles, Oriana e io che eravamo lì dall’alba con strati di pellicciotti addosso e passamontagna in testa, non riuscendo a forzare il blocco dei nobili in gran gala siamo andate verso l’altare via pavimento, cioè gattonando fra le loro gambe. Uno si è scansato con orrore come se avesse visto due iguane e ha sibilato: “Surtout bien habillées, tout les deux.” Mi sono chiesta: ma se fossimo ben vestite, vederci gattonare non gli avrebbe fatto nessun effetto?
Un’altra volta abbiamo fatto un viaggio in Cina, al seguito del presidente Pertini. In aereo, mentre volavamo verso Pechino, lei s’era messa a parlare con lui che l’aveva chiamata nel settore riservato. Parecchi giornalisti mugugnavano: ‘Ecco, ora lui si fa intervistare da Oriana e lei ci brucia il servizio.’ - ‘Non avete capito niente - ho gridato io - è Pertini che intervista Oriana. Lei in Cina conosce tutti i capi e Pertini si fa dire come deve comportarsi e con chi è meglio parlare.’ Si sono zittiti, era vero.
Ricordo anche che un mattino, quando ci hanno portati a vedere la lavorazione delle perle di fiume, uno dei colleghi ne ha presa una manciata da un tavolino e credo che stesse per mettersela in tasca, ma Oriana gli ha dato una tale pacca sulla mano che le perle sono schizzate via e io ho gridato ‘brava!’
Quando è andata a vivere a New York ci scrivevamo poco, ma una volta, poco tempo prima di morire, m’ha mandato una sua fotografia con una bella dedica affettuosa. Chissà, forse sapeva che presto l’avrei potuta vedere solo così.

di Mirella Delfini
Data:  15/10/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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