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Quando a Roma ho incontrato Alberto Bevilacqua nel suo parlare trasognato

Bevilacqua-e-Cavallo ROMA - Si parlò di letteratura, di esistenze, di scrittura. Eravamo a Roma nell’autunno di due anni fa. Avevamo presentato un libro di poesia. Corso Vittorio Emanuele 217. Sede del Sindacato Libero Scrittori Italiani. Molti, in quella serata romana con una pioggerellina lenta, lo chiamavamo maestro. Aveva un andare trasognato. Come sono gli scrittori che credono che la poesia sia dentro la vita. Ma per Alberto Bevilacqua la poesia è stata sempre un intrecciare il verso con la vita, il linguaggio narrante con l’esistenza, le immagini cinematografiche con la testimonianza.
In quella serata c’è stato il mio incontro con Albero Bevilacqua. Stavamo accanto a discutere di poesia. Anzi, ricordo bene. Alberto volle sedersi tra il pubblico. Venne chiamato, successivamente, al tavolo dei relatori.
Nella sua voce una malinconia, nel suo sguardo un trafiggere il vento delle parole che si agitavano nella sala, nel suo rivolgersi agli amici presenti un intercalare di giochi d’ironia. Il maestro parlando raccontava. Ogni parola misurata, come se fosse una stagione d’amore o un raccordare i sensi incantati con i simboli della casa stregata.
Fu una grande emozione. Dopo il mio intervento venne a stringermi la mano e mi chiese di non smettere di leggere la vita come si possono leggere i versi che volano tra una memoria e un ricordo.
Mi disse: “La vita è fatta di dettagli. Bisogna saper cogliere nei dettagli i segni dell’amore. Dobbiamo costruirci conoscendoci e mai affidando nulla al caso”. Fu un incontro che non dimentico. Perché è impossibile scordare le parole di uno scrittore che ha attraversato tutta la sua vita sul pensiero dello scrivere.
Lo avevo visto tantissime volte in televisione. Un mio caro amico spesso mi aveva parlato di lui come un punto di riferimento del secondo – terzo Novecento letterario, ma anche della sua umanità. Avevo letto alcune sue poesie e i romanzi della “sua” tradizione. Ma trovandomelo davanti non è stato soltanto raccogliere l’emozione.
Lo scrittore è nella vita. “Bisogna viverla la vita. Oggi e mai domani”. Ascoltavo le sue parole rivolte ad un mio caro amico in quella serata romana.
Mi resta questa immagine: chiuso in una giacca di renna, che, comunque, teneva sempre sbottonata, con una camicia a quadri e un pantalone scuro e sul collo una sciarpa di lana. Un sorriso appena accennato che stava lì come per dire… o come se volesse dire: “… la letteratura è un gioco della vita e a me tocca viverla raccontandola nel racconto di me stesso…”.
Non sono passati secoli, ma soltanto pochi anni e il suo pazientare tra noi aveva l’umiltà di chi sa che ogni parola non rivelata è un mistero, mentre ogni parola rivelata nasconde segreti.
Con un maestro di scrittura, di letteratura, di linguaggi sarebbe inevitabile parlare del mestiere dello scrivere, eppure Alberto sfuggiva a questo discorrere. Gli interessava la vita. La vita, appunto, con i dettagli. “Sono i dettagli che sono la vita” diceva spesso. Questo concetto lo trovo, ora, nei suoi romanzi. I dettagli.
Ci salutammo. Una pioggia sottile batteva Corso Vittorio Emanuele. Ci ritrovammo ad ascoltare la pioggia dopo aver sceso le scale di Palazzo Sora. Ci salutammo mentre un taxi lo accompagnava a casa. Ci salutammo con l’impegno che sarebbe venuto a Grottaglie (Taranto) per presentare il suo volume dei Romanzi che stava per uscire con Mondadori nella collana I Meridiani.
Un impegno che il destino non volle siglare. Una serata che resta segnata.
L’ho rivisto ancora in televisione. Sono i dettagli che fanno la vita. Appunto.
Può sembrare un dettaglio quella serata al Sindacato Libero Scrittori. Lo è. Ma resta un dettaglio nella vita.

di Marilena Cavallo
Data:  14/9/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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