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Vita Indipendente: si può. Macchia di leopardo tra Nord e Centro-Sud

Roberti-Duraccio-Aprea-Manc ASCEA (SALERNO) - Vita Indipendente: si può. Situazione a macchia di leopardo tra Nord e Centro-Sud. Ad Ascea un convegno. 17 gennaio 2013, Ascea, alias Elea Velia. Al secondo piano della Fondazione Alario in via Parmenide si svolge un convegno dal titolo “Per un altro modo di intendere la disabilità. L’uomo a-vitruviano e la vita indipendente” di cui è direttore scientifico la sociologa di prossimità e territorio a-vitruviana Maria Rosaria Duraccio (referente per la Campania dell’Associazione RuotaAbile Onlus). La vita indipendente è quella dove ogni essere umano (al di là della sue caratteristiche di partenza) sia messo nelle condizioni di perseguire i suoi obiettivi (innanzi tutto di avere degli obiettivi) e di scegliere la vita che vuole fare. Di essere nel mondo e non solo di sopravvivere. I veri protagonisti di questo convegno sono gli avitruviani, le loro storie, la loro voglia di vivere una vita dignitosa.

LE PREMESSE
Li vedi arrivare con le loro forme “imperfette”, a-vitruviane (fuori dai canoni di armonia, dettati da Vitruvio e messi sulla carta da Leonardo con l’Uomo a tre dimensioni), per vedere cosa brilla di nuovo sotto il sole in barba alle condizioni meteo avverse, fustigate da una pioggia battente) che possa migliorare la loro dimensione quotidiana. Per capire se sarà il solito convegno di girotondi di parole forbite e promesse politiche (o ammissioni di impotenza e missioni incompiute). A bordo delle carrozzine, a volte ingombranti, le stesse inserite nel famoso nomenclatore tariffario (a volte datato e superato), dove a conti fatti un ausilio può arrivare a costare anche tre volte tanto rispetto ai prezzi di mercato. Sono là a cercare di capire se si parlerà di cose utili, di quotidianità possibile, di alternative rispetto alla situazione attuale del nostro Sud. Se è possibile percorrere un tratto in più nell’impervio percorso verso l’integrazione. Perchè spesso ciò che conta è anche il viaggio verso una meta, le tappe che portano un obiettivo a prendere forma, attraverso un avvicinamento progressivo.Loro-noi, segno tangibile di ciò che potrebbe essere per tutti se solo per un motivo contingente qualsiasi si attraversa una sottile linea di confine, ma che non si vorrebbe mai che sia.
Loro-noi che proprio in virtù di una concezione teocratica e petrinologica sono stati, nel corso dei millenni, occultati con vergogna, eliminati fisicamente (e socialmente) o ostentati come monito per le coscienze. Mi viene da chiedermi, in virtù di quello che ho sentito durante la messa domenicale sin da bambina, se Dio ha fatto l’uomo a sua immagine e somiglianza gli a-vitruviani di chi sono figli? Perché se siamo tutti figli di uno stesso Dio, come la Chiesa stessa sottolinea, ogni discriminazione è arbitraria ed artificiosa. In parole povere: se gli a-vitruviani sono figli di un medesimo Dio vediamo di dimostrarlo con fatti concreti, muovendo passi decisivi verso la vita indipendente, Se, invece, non sono figli dello stesso Dio, come pure ci hanno insegnato al catechismo da piccoli, siamo stati tutti vittime di un grande imbroglio?

IL CONVEGNO
A fornire una prima risposta ed ulteriori spunti di riflessione Claudio Aprea, direttore della Fondazione Alario per Elea – Velia.
“Chi vive con il prefisso dis davanti alla propria realtà – dice - vede limitata la propria capacità di agire e di operare”. Secondo quando ribadisce il direttore della Fondazione, spendere molte parole per un insieme di questioni, sembra disturbare perché ostacola un ritmo rapido, a tratti convulso, di una società che tende a semplificare e dove ciò che è complesso dà fastidio.
“Ma l’argomento – continua – è di per sé complesso ed articolato. L’uomo vitruviano ( o normodotato che dir si voglia) ha forse fatto il suo tempo. Ha fatto il suo tempo il suo modellare la struttura sociale a sua immagine e somiglianza, secondo i suoi canoni di simmetria (ed il discorso sarebbe estendibile a tutte le differenze di genere che vanno integrate e valorizzate)”. Un’integrazione che, come ribadisce Aprea, non si risolve nel solo abbattimento delle barriere architettoniche, ma nella creazione di una società pensata per l’essere umano a tutto tondo (senza distinzione tra vitruviano ed a-vitruviano), dove tutti siano messi nelle condizioni di essere abili in base alle loro potenzialità, in quanto tutti figli dello stesso Dio e della medesima genesi.
Quindi non è opportuno ed utile ( è preferibile restare fuori dalle categorie di giusto ed ingiusto e dai giudizi morali) che il vitruviano vessi e prevarichi sull’a-vitruviano, mettendolo nelle condizioni di non essere abile perché non conforme ad un modello socialmente dominante.
Un convegno che lega a doppio filo teoria, con un’analisi di tipo storico e sociale,e pratica, prospettando orizzonti praticabili, anche in base ad esempi concreti realizzati nel resto d’Italia ed all’estero. La possibilità di una vita indipendente è già di per sé sancita dall’esistenza di leggi e convenzioni. Prima fra tutte la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Poi la 17/1999 con cui il legislatore sancisce il diritto allo studio universitario degli a-vitruvuani, attraverso supporti mirati all’integrazione, la 162/98 per la vita indipendente e la progressiva de-istituzionalizzazione, la 68/99 per l’inserimento lavorativo mirato in base alle capacità residue e così via.
“La possibilità di vita indipendente- - sottolinea il direttore scientifico del convegno – parte da noi stessi, dalle nostre potenzialità, dalla capacità di progettare e concepire scenari diversi. Non più assistenza diretta e decisa dall’alto, bensì indiretta, richiesta e gestita individualmente, con consapevolezza ed in base alle specifiche esigenze.
A farle eco il sociologo della disabilità Claudio Roberti autore del saggio ispiratore del convegno.
“La condizione dell’uomo a-vitruviano (alias disabile) – specifica Roberti,– è imprescindibile in quanto connaturata all’essere umano. Esiste e prova ne è che è documentata anche in natura, tra gli animali”.
Dalla concezione che li vedeva come “fiori difettosi” che pure abitavano il giardino terrestre, a “mostri che se esistono allora è meglio cercare di ricavarne qualcosa di utile” quel che è certo, come sottolinea con forza Roberti, è che le cose “non possono andare più come sono andate finora”.
Secondo il rapporto Istat 2011 in Italia le persone non autosufficienti sono 2 milioni e 700mila. Di queste 600mila sono fortemente non autosufficienti. Un terzo di questi, sempre secondo l’Istat, vive confinato.
“I vecchi conti – spiega Roberti – quelli dell’isolamento, del confinamento, non tornano più, in quanto la segregazione crea una spesa pubblica eccessiva, spreca risorse umane e costituisce un danno per tutti”.
Una scelta antieconomica che in più va contro quanto disposto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità che dispone di attuare misure mirate per realizzare la vita indipendente e muoversi verso la “de-istituzionalizzazione”.
Nonostante tali dettami, si registra un incremento annuo di ricoveri in istituzioni totali pari al 4,6%.
In media, un disabile istituzionalizzato costa al SSN (tenendo conto delle variazioni a seconda del contesto) circa 300 euro al giorno. Occorrono soluzioni alternative.
“La spesa sanitaria per la disabilità c’è – evidenzia il sociologo della disabilità – ma in questo caso è mal indirizzata e va rivista e rimodellata. Infatti, malgrado taluni sforzi in controtendenza, in Campania i bisogni e le istanze delle persone a-vitruviane ricevono scarsa e cattiva rappresentanza in termini di indirizzo ed organizzazione. Gli effetti generali sono sotto gli occhi di tutti: in materia di Vita Indipendente la situazione è sotto zero. Taluni amano fare retorica demagogica in merito ai contenuti della nostra Convenzione ONU, ma di fatto strumentalizzanno il tutto per fini autoreferenziali. Tale situazione deve cambiare e la spinta in tal senso deve avvenire da noi, in particolar modo dai giovani.
La soluzione – secondo il sociologo, non è fare le revisioni Inps a cascata per decretare chi siano i falsi invalidi., dato che comunque questi ultimi, come sottolinea con forza l’autore del saggio sull’Uomo A-Vitruviano, sono frutto del connubio tra potere politico e ceto medico. Ugualmente sbagliato il ricorso ad uno strumento di valutazione ambiguo (le percentuali di invalidità), frutto di un’ottica positivista, tassonomica e di misurazione bruta. Basti pensare che in Spagna la percentuale di invalidità pari al 100% con accompagnamento viene riconosciuta solo a chi versa in uno stato vegetativo. Quale può essere l’alternativa? L’applicazione concreta della classificazione ICF (l’International Classification of Functioning, Disability and Health). Un salto concettuale fondamentale. Infatti, si passa dal prendere in considerazione una condizione menomanteall’ individuazione della capacità complessive individuali residue, per giungere fino alla valutazione delle difficoltà che la persona in esame incontra nell’ambiente sociale. In parole povere il deficit organico e la disabilità che ne consegue (anche intesa come blocco psicologico, che determina un regime ridotto o nullo di attività) vengono correlate ai fattori contestuali, specifici di un Paese, comprese le politiche sociali e la loro effettiva applicazione.

DISTINZIONE TRA AUTONOMIA E POSSIBILITA’ DI VITA INDIPENDENTE
Come dicevamo il diritto alla vita indipendente è sancito dalla legge 162 del 1998 tuttora inapplicata nel contesto campano ed inesigibile a causa della presunta mancanza di risorse finanziarie. La domanda che potrebbe sorgere è: ma come fa una persona non autonoma (perché spesso a questo proposito si parla di persone fortemente autosufficienti) a vivere una vita indipendente?
E’ quindi opportuno fare una distinzione di fondo. L’autonomia, intesa come capacità di gestire autonomamente le proprie funzioni organiche e l’indipendenza, intesa come possibilità di autodeterminare la propria vita ed i propri obiettivi, non sono la stessa cosa.
“Una persona – chiarisce Roberti – può essere totalmente non autonoma ma al contempo totalmente indipendente”.
Perché avere una vita indipendente significa poter decidere della propria vita e fare delle scelte consapevoli per orientarla. Uscire dal gusto e gestire la propria esistenza. Questo l’obiettivo da perseguire.
A battersi per rendere effettiva questa possibilità in tutte le regioni italiane è Germano Tosi, presidente di Enil Italia, nata nel 1991 dal movimento internazionale.
“Purtroppo nell’applicazione della legge per la vita indipendente – evidenzia – non siamo Fratelli d’Italia, esiste una situazione molto diversificata tra Nord e Centro- Sud”.
La possibilità di avere una vita indipendente, infatti, passa attraverso l’erogazione di un contributo economico che consenta di pagare un assistente personale e continuare a vivere da solo, conducendo la propria vita sociale. Un circolo virtuoso in cui la persona con disabilità è messa nelle condizioni di dare concretamente il proprio contributo al contesto sociale, ricevendo ne in cambio servizi mirati, in un rapporto di reciprocità.
“Bisogna fare in modo – continua Tosi – che le buone prassi arrivino anche al Centro ed Al Sud, attraverso un federalismo solidale e non solo fiscale.
Secondo Fabio Corbisiero, docente di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso l’Ateneo federiciano, impegnato nel progetto sperimentale lanciato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali “ICF 4”, il passaggio da una concezione medicalizzata della disabilità ad una sociale, correlata all’ambiente relazionale, di lavoro e più in generale di vita, si fonda proprio si uno scambio reciproco di risorse e potenzialità, Si tratta di un sostanziale cambio di paradigma, verso l’adozione di un modello interdisciplinare bio-psico-sociale, in cui il limite non è più nel deficit organico, bensì nell’esistenza di barriere ambientali. Visto da questa prospettiva, l’obiettivo diventa implementare le modifiche ambientali per favorire la piena partecipazione sociale, legando la diagnosi medica alla piena accessibilità del contesto. Secondo dati tratti dalla VI relazione al parlamento Isfol tra il 2010 ed il 2011 si è riscontrato a una diminuzione del numero di disabili assunti. Si è infatti passati dalle 22.360 unità del 2010 alle 22.023 del 2011. In particolare nella pubblica amministrazione si sono praticamente dimezzati, passando da 74.741 a 34.165.
A dipingere il quadro della situazione al Sud è Amilcare Mancusi, assessore alle politiche socio-sanitarie della provincia di Salerno (lo stesso concetto viene espresso in seguito dall’avvocato Masullo).
“Le risorse - rileva- sono spese anche in tempi di crisi, ma in maniera non efficace, perché non si raggiunge l’obiettivo”. L’inversione di tendenza, secondo l’assessore, dovrebbe essere “Meno spesa, più risultato per una maggiore dignità”.
Secondo le modifiche attuali si assiste ad un passaggio di competenze tra Provincia e Regione per le iniziative sanitarie applicative (ad esempio servizi di trasporto ed acquisto di beni materiali). Un fallimento annunciato, secondo Mancusi, perché allo stato attuale le Regioni non riescono a gestire nemmeno le funzioni ordinarie e lo strumento dei piani di zona stanno fallendo, per mancato trasferimento di risorse.
Da più parti viene ribadito che non occorre creare nuove leggi (ce ne sono già troppe, alcune contraddittorie, altre eccezionalmente all’avanguardia) ma rendere operative (e non semplici enunciazioni di principio) quelle che già ci sono, comprese le convenzioni.
A sottolinearlo Antonio Lanzaro, docente di Diritto internazionale alla facoltà di Giurisprudenza dell’università Parthenope di Napoli e l’avvocato Rosa Egidio Masullo.
“La parità – chiarisce la Masullo – non vuol dire dare tutto a tutti (anche cose di cui magari non hanno effettivamente bisogno), ma partire tutti dallo stesso punto ed arrivare al massimo traguardo possibile, avendo a disposizione tutto il necessario, tra il quale scegliere i mezzi più idonei, per dare il meglio di sé.
L’obiettivo è costruire assieme agli interlocutori giusti, in prima linea quelli istituzionali, occasioni di miglioramento del contesto e delle relazioni.
Adesso è in fase di stesura una “carta degli intenti” cui si sono detti interessati a partecipare, in un’ottica di confronto, il consigliere regionale Anna Petrone, Mario Rizzo, sindaco di Ascea, Amilcare Mancusi, assessore alle politiche socio-sanitarie per la provincia di Salerno ed i rappresentanti del mondo delle associazioni.

I PARTNER
Il convegno è stato organizzato grazie alla collaborazione della Fondazione Alario Elea – Velia, che ha ospitato l’evento e dell’ Unitalsi – sottosezione di Agropoli, presieduta da Salvatore Guzzi. Al contributo del Comune di Ascea. Al sostegno dell’ associazione Enil Italia presieduta da Germano Tosi e di Medea Fattoria Sociale, al patrocinio morale della Provincia di Salerno e dell’Associazione italiana Sociologia (Ais).

di Tania Sabatino
Data:  23/1/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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