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Sla e frammenti di memoria da chi combatte nella gabbia. Ecco Antonio Tessitore

tessitore-antonio 1 NAPOLI - Quando ho conosciuto Antonio Tessitore, classe 1976 e un diploma di ragioneria conseguito “da grande”, con la voglia di migliorarsi, e ho avuto modo di avere un assaggio, in quell’ora e mezza di permanenza a casa sua, di come si svolga la sua vita quotidiana, ho “sentito” cosa siano la tenacia e il coraggio. Quando ho letto il suo libro “Ogni volta che chiudo gli occhi. Sogni ed incubi di un leone nella gabbia della Sla”, scritto tra il 2010 e il 2011 grazie anche al contributo del giornalista Pietro Cuccaro, che ha dato una forma ai pensieri, (costo di copertina 10 euro, che vengono devolute alle associazioni che si occupano di Sla) ha aggiunto il tassello che mancava per completare il quadro, e prendo a prestito un’espressione usata da Antonio nel suo libro. Quello della voglia di ricominciare. Di trovare nuovi obiettivi, personali e sociali, nonostante “la belva famelica che dilania il corpo, che si nutre e respira, succhiando le energie”. Questa belva si chiama Sla, sclerosi laterale amiotrofica, e la sentenza (Antonio la chiama così, una condanna che quel giorno ha inciso il nome di quello che era su una lapide) è arrivata nel 2003, quando Antonio rigirava tra le mani proprio l’ultimo tassello di un quadro che poteva divenire perfetto nella sua serenità, quando lui e la sua ragazza stavano per svoltare l’angolo, mancavano pochi passi, oltre il quale li attendeva il matrimonio, la data era già fissata, e la felicità insieme, a costo di tanti sacrifici, ma con l’amore reciproco che rendeva meno pesanti e lunghe le giornate, come lui stesso racconta nel libro. E invece dietro l’angolo Antonio ha trovato lei, la Sla. Ed il destino ha scompaginato le carte, ha tagliato a metà progetti e speranze… sogni… Prima la perdita di sensibilità a un dito, poi alla mano, poi all’intero braccio….
Oggi Antonio è attaccato a vari tubi, non mangia autonomamente (i cibi sotto forma di soluzioni fisiologiche e liquidi gli vengono iniettati direttamente nello stomaco), respira attraverso un tubo inserito nella trachea, e comunica grazie a un comunicatore ottico. In pratica con i movimenti degli occhi digita su una tastiera a video i suoi pensieri e il pc li legge per lui con la sua voce metallica. Un congegno nato dalla tecnologia svedese e dotato di software italiano, che va personalizzato in base alle caratteristiche individuali, dato che, come ci ricorda Antonio, ogni malato è un universo a sé e ha differenti capacità residue (termine ormai entrato nel linguaggio comune grazie alla legge 68 del 1999 sul collocamento lavorativo mirato ed obbligatorio delle persone con disabilità).
“La mia giornata – racconta - è una lunga battaglia, da quando mi alzo alle 8 fino alle 24 quando mi addormento e si divide tra espletamento delle funzioni fisiologiche e fisioterapia”.
Ed ogni volta che chiude gli occhi, si addormenta con la consapevolezza che forse, al suo risveglio, non sarà più in grado di fare qualcosa, che perderà un altro pezzetto della persona che era.
Ma il suo carattere è rimasto determinato e protettivo, la malattia non lo ha cambiato.
Il suo libro, nato da pensieri e ricordi emersi durante un ciclo di sedute di psicoterapia, svoltesi tra il 2006 ed il 2008 con la psicoterapeuta Assunta Beatrice, inizialmente uno sfogo, vuole essere proprio un momento di sostegno e di riflessione per le persone più deboli, non solo per i malati di Sla.
Ma attenzione: il libro non parla della malattia in sé, né dà consigli su come affrontarla e non è nemmeno la storia integrale di Antonio Tessitore. A imporsi con forza sono i pensieri di Antonio, i suoi sogni, ma anche le sue paure. Il suo desiderio di esserci, di opporsi alla malattia, di lasciare un segno, che conservi la sua memoria, anche quando la malattia avrà sgretolato il suo corpo come sabbia e il vento se lo sarà portato via.
Dal tentativo di ricostruire i fili di un’esistenza tra un prima e un dopo. Un prima di cui la malattia sta annebbiando la memoria e un dopo che inizialmente è stato fatto di sogni spezzati. Le ali spezzate di un “falco a metà”, come si definisce lui stesso.
A pubblicare il libro una piccola casa editrice toscana la Sangel Edizioni (non è stato facile trovarla sottolinea Antonio e ora è pure fallita). Oggi Antonio ne cerca un’altra per pubblicare la ristampa del libro e ha in mente un ampliamento del progetto originario.
Vorrebbe, infatti, allegarvi un dvd con un corto che racconti dal vivo la sua giornata, dove sia la forza delle immagini a parlare e a imprimersi a fuoco nelle coscienze.
Quando gli chiedo cosa consiglierebbe a un giovane che scoprisse di essere malato di Sla, Antonio risponde, lui che è di poche parole ma quelle che scrive centrano sempre il bersaglio, di fare come ha fatto lui e di trovare forza e rifugio nella mente. Quella torre dorata che è stata ed è il nucleo forte dell’esistenza di Antonio. Di trovare la forza nella conoscenza, innanzi tutto della malattia. Perché conoscere subito le caratteristiche del proprio nemico equivale a contrastarlo.
Arriva poi un appello alle famiglie: a non vergognarsi e a non nascondersi. Perché la malattia non è un marchio infamante, l’antico marchio di Caino.
La Sla è una malattia proprio bastarda, perché spegne tutta la muscolatura volontaria, rendendo incapaci di soddisfare autonomamente anche il più piccolo e banale bisogno (come grattarsi e liberarsi da un prurito), ma lascia la mente lucida e vigile, in grado di capire e di assistere impotente a tutto ciò che accade, al graduale disfacimento di un corpo che diventa una trappola. Un corpo disobbediente, come dice nella prefazione Mina Welby, membro della Direzionale nazionale dell’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.
Di fronte a questo lento sgretolarsi c’è bisogno di tutto il sostegno psicologico e istituzionale possibile. E’ un diritto inviolabile e inalienabile.

IL PERCORSO
Nel 2003 arriva la diagnosi e anche una profonda frustrazione che lo porta a prendersela con tutti, con i medici, con i parenti, con gli amici e persino con Lei (Antonio chiama così il suo amore dell’epoca). Dopo una fase frenetica in cui prova tante strade, tra trapianti e sperimentazioni, volando persino in Germania per l’ennesimo trapianto di cellule staminali (dove gli fanno tanti buchi nel midollo spinale, una cosa che gli ricorda la procedura di sarchiatura della terra per piantare i pomodori e questo parallelo almeno gli regala un sorriso), Antonio arriva a una consapevolezza.
E’ lui che si sta lasciando scivolare la vita tra le mani, è lui che non la sta più vivendo realmente, perso nel rimpianto e nella rabbia per come l’esistenza sarebbe potuta essere, voltato indietro, ostinatamente a fare la conta di quello che ormai non c’è più. E così facendo nutre la malattia, la rende reale, fa sì che prenda il sopravvento su di lui, sulla sua mente e la sua anima, che le fiacchi. Da quella consapevolezza Antonio rinasce e ricomincia a combattere, in sella alla sua carrozzina dove, grazie all’ausilio del suo comunicatore ottico, traduce in fatti il suo impegno sociale a favore degli altri. Esplica la sua protettività nei confronti dei più deboli (il libro è nato anche per questo, per divulgare la sua forza).
Bussa già nel 2003 alle porte della politica nazionale per far conoscere la Sla, una malattia verso cui le forze politiche sembrano essere sorde non per “cattiveria e disinteresse ma per disinformazione”.
D’altronde, come racconta lui stesso nel libro, se 10 anni fa gli avessero parlato della Sla dopo un po’ avrebbe trovato il modo per cambiare discorso semplicemente perché non era una cosa che lo toccava da vicino.
La porta inizialmente rimane chiusa, ma Antonio non demorde, lui che ha forgiato la sua combattività, nel corso degli anni, stando in mezzo alla strada, sul campo, a contatto con le realtà più dure, e così ha imparato come muoversi con una certa scaltrezza ed ostinazione.
Contatta Staffelli di Striscia la Notizia e adotta la tecnica dello “sfondamento” delle resistenze. La sua battaglia, benché lui all’epoca non ne abbia ancora bisogno, è da subito per l’ottenimento dei comunicatori ottici da parte delle persone con Sla, in grado di restituire a questi ultimi un pezzo di se stessi, la capacità di comunicare. Una battaglia di civiltà che serve innanzi tutto ad alzare il velo sulle loro condizioni di vita a combattere l’ombra oscura della disinformazione. Nel 2004 arriva uno stanziamento di 10 milioni di euro per l’acquisto dei comunicatori ottici che, tradotto in vita quotidianità, vuole dire miglioramento della vita. Il suo, invece, gli viene regalato dall’allora sindaco del suo paese, Villa Literno, conosciuto al bar mentre prendeva un caffè. Nel 2007 i comunicatori ottici, il cui costo di mercato è di ben 25mila euro, vengono inseriti nel nomenclatore tariffario.
“Il problema più grande – spiega Antonio – è ricevere l’assistenza tecnica a queste macchine. Se i tecnici non rispondono al telefono entro le prime 24 ore, si può rischiare di rimanerne sprovvisti per ben 6 mesi”.
Il contatto con l’istituzione regionale, nella persona del presidente Stefano Caldoro, arriva tra il gennaio ed il febbraio del 2012. Una tappa importante dato che in Campania ci sono circa 400 malati di Sla. La metà dei quali concentrati tra Napoli e Caserta.
Tanti i progetti in cantiere per i quali sono state gettate le basi di una collaborazione con la Regione. In prima linea, l’idea di non comprare i comunicatori ottici, bensì di prenderli in comodato d’uso (una sorta di affitto), potendoli eventualmente restituire. Questo costituirebbe un ingente abbattimento della spesa sanitaria. Antonio, che ha scelto di essere assistito a casa, ha una spesa media di 6500 euro al mese. Se andasse in istituto, tenendo conto che la spesa media per ogni degente (a dirlo sono i dati Istat) è di 300 euro, si salirebbe a ben 9mila euro mensili. Un’ulteriore lancia spezzata a favore di un concreto sviluppo di programmi mirati rivolti alla vita indipendente. In cantiere anche un fondo regionale per la non autosufficienza pari a 9 milioni di euro.
Antonio non si ferma con il suo impegno associativo e diventa presidente della sezione di Napoli e Caserta dell’Aisla, l’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica. L’Aisla di Napoli e Caserta, attualmente ha in programma il finanziamento di una ricerca clinica, coordinata da Francesca Troisi, neurologa del II Policlinico partenopeo. Una ricerca tesa a trovare il modo di migliorare la qualità della vita dei malati di Sla. Fondi raccolti attraverso la vendita, in piazza Miraglia a Villa Literno, di vino e olio.
Domenica prossima, 27 gennaio 2013, alle 16, l’appuntamento è con l’inaugurazione della nuova sede partenopea dell’associazione, ubicata presso l’Hermitage Capodimonte, un istituto dedicato alla diagnosi e terapia di pazienti con problemi neurologici e pschiatrici e alla riabilitazione neurologica, ortopedica, reumatologica, cardiologica, respiratoria e geriatrica. Tante tappe che configurano un percorso caratterizzato da determinazione e speranza ritrovata attraverso e nonostante il dolore e la sofferenza.

di Tania Sabatino
Data:  21/1/2013   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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