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Ergastolo ostativo: questo sconosciuto. Quattro interviste ai detenuti a Padova

carcere-padova PADOVA - Per i miei romanzi e racconti, spesso, mi sono occupata di carcere, essendo una scrittrice di narrativa sociale. Finora, i miei contatti sono stati con persone che avevano brevi pene da scontare. Nel luglio 2012 sono entrata in contatto con la realtà dell’ergastolo ostativo, dopo avere avuto uno scambio di lettere con Carmelo Musumeci. Musumeci è un detenuto sottoposto a questo regime e sta portando avanti, insieme alla comunità Papa Giovanni XXIII e ad altri detenuti ergastolani, la richiesta dell’abolizione dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario che, di fatto, nega ogni misura alternativa al carcere e ogni beneficio penitenziario a chi è stato condannato per reati associativi, in mancanza di una collaborazione processuale.

Cosa significa questo?
Rispondo con un estratto uscito su “Europa” di Francesco Ferrante:
“…il detenuto condannato a questa pena ha una sola possibilità per sperare in un’ora di permesso, o che un giorno gli vengano riconosciuti i benefici di legge. Di legge, insisto: occorre che collabori, ovvero che faccia i nomi di altri coinvolti in reati gravi collegati alla criminalità organizzata. Un “pentimento”, che in alcuni detenuti possiamo e dobbiamo ritenere sia sincero, che può dimostrarsi solo in un’azione che per molti equivale a coinvolgere la famiglia, che all’esterno potrà diventare il bersaglio di vendette trasversali”.
Mi sono informata leggendo un libro che raccoglie le interviste di diversi ergastolani “Urla a bassa voce- dal buio del 41 bis e del fine pena mai”, a cura di Francesca de Carolis.

Lo stesso Musumeci mi ha domandato se volevo dare loro voce, attraverso l’intervista che leggerete di seguito a questo articolo.
Perché ho accettato? Perché ritengo che il carcere italiano non stia lavorando in modo da espletare la sua funzione rieducativa; ma che stia solo perseguendo quella punitiva.
Stiamo parlando di persone che indubbiamente hanno sbagliato, nessuno lo nega, ma non posso che dirmi d’accordo con quanto scrive Don Ciotti: “Impedire alla giustizia di diventare vendetta è la vera sfida a cui siamo chiamati. Impedire che la giustizia “chiuda” chi ha sbagliato nel suo errore (e gli neghi la possibilità del cambiamento) è l’altra faccia della stessa medaglia”.
Leggendo le loro interviste mi sono posta alcune domande che ritengo siano doverose: una persona dopo dieci, dopo venti, dopo trent’anni è la stessa che è stata incarcerata per il suo errore?

È giusto condannare, con chi ha sbagliato, anche la sua famiglia? Spesso gli ergastolani vengono portati in strutture lontane dalla famiglia che, di fatto, riescono a incontrare solo una o due volte l’anno.
Molti ergastolani hanno potuto studiare in carcere, entrati quasi analfabeti si sono laureati. Gli stessi hanno proposto di poter lavorare per i famigliari delle loro vittime; oppure di fare da educatori ai giovani che entrano in carcere. Chi meglio di loro saprebbe essere maestro di vita? Loro che già hanno percorso il cammino che un giovane sta appena intraprendendo e che potrebbe essere deviato col loro esempio su una strada diversa?
Le nostre carceri sono super affollate, le persone sono rinchiuse in sei o sette in una cella singola. Questa situazione va ben di là della giusta reclusione: viola palesemente i diritti umani.

Quanti detenuti, quante guardie carcerarie devono ancora morire suicidi, prima che si corra ai ripari e si faccia in modo che il carcere non sia solo una scatola per contenere gli errori di persone che riteniamo scomode?
Negli altri stati europei l’ergastolo è previsto per alcuni reati gravi; ma con la possibilità di liberazione condizionale che oscilla dai dieci ai quattordici anni dopo la reclusione; previo alcune condizioni di rilascio e un ulteriore controllo che continui per altri cinque, dieci anni dopo la scarcerazione.
L’Italia, oggi, è all’ultimo posto nella graduatoria delle nazioni le cui pene siano ispirate all’umanità e alla civiltà giuridica.

Per capire meglio tutto questo, ritengo sia necessario conoscere la situazione e l’esperienza dei detenuti. Per fare questo ho posto loro alcune domande:

1. La domanda è piuttosto brutale, ma il primo passo verso la rieducazione è riconoscere i propri errori.
Ci vuole dire per quale motivo ha ottenuto l’ergastolo?

I giudici sulla mia motivazione di condanna hanno scritto che contro alcuni avversari, dopo che questi mi hanno sparato 6 colpi di pistola (tutti andati a segno) e tentato di darmi fuoco con la benzina, mi sono fatto giustizia da solo.
Carmelo

Perché alcuni collaboratori di giustizia mi hanno accusato di aver commesso alcuni omicidi.
Antonio

Gentile Miriam, rispondo alla sua domanda che lei ritiene brutale, ma le assicuro che non lo è.
Sicuramente non ci può essere rieducazione, né reinserimento nella società se non si riconoscono i propri errori e non si mettono in atto comportamenti tali che esulano da semplici e banali parole di circostanza. Tuttavia, un sincero ravvedimento non basta quando si ha l’ergastolo ostativo poiché questa pena atroce che viola a pieno la dignità umana e la democrazia di uno stato civile, non consente di dare alcuna possibilità alla persona che ha sbagliato in una vita lontana da quella presente, nemmeno dopo 30/40 anni di carcere e nemmeno quando il condannato non si riconosce più in quella persona avendo dato piena dimostrazione del proprio ravvedimento durante la lunga carcerazione. L’ergastolo ostativo finisce assieme ai giorni di vita del condannato.
Gaetano

Anch’io nella vita ho fatto tanti errori come tutti, ma questa volta sono stato condannato innocentemente per un omicidio fra guerre di bande. Lo so! Lo dicono in molti, ma io lo sono veramente.
Ignazio

2. Per lei cos’è l’ergastolo ostativo?

Una pena di morte al rallentatore.
Carmelo

L’ergastolo ostativo è una pena disumana perché si muore un po’ tutti i giorni.
Antonio

L’ergastolo è una pena che ti logora giorno per giorno, ti svuota piano piano e ti toglie tutto quello che ti circonda, a volte anche gli affetti più cari, lasciandoti solo nella tua disperazione.
Gaetano

È una morte in bianco e nero.
Ignazio

3. In seguito a questa condanna, lei a cosa ha diritto? E cosa, invece, non le viene concesso?

Un uomo ombra (così si chiamano fra di loro gli ergastolani ostativi), non ha nessun diritto. Non ci viene concesso neppure di morire.
Carmelo

Oggi avrei diritto di usufruire dei benefici, ma ancora non mi vengono concessi.
Antonio

A seguito di questa condanna non ho diritto a nulla perché l’ergastolo ostativo non mi darà alcuna possibilità di uscire dal carcere.
Gaetano

Ho solo il diritto di avere un loculo per cella con un blindato davanti e delle sbarre di dietro. Per il resto non ho diritto a niente e non mi concedono nulla perché gli ergastolani ostativi sono esclusi da qualsiasi beneficio.
Ignazio

4. Come ritiene sarebbe più opportuno e utile, dopo avere scontato diversi anni di prigione, per lei come individuo e per le persone lese, pagare il suo debito?

Con una pena retributiva perché non serve e non è utile a nessuno tenere una persona chiusa dentro una cella tutta la vita senza fare nulla. E vorrei ricordare che il perdono è l’unica pena che ti tira fuori il senso di colpa e ti fa sentire veramente colpevole, mentre una pena che non finisce mai ti fa sentire innocente.
Carmelo

Fare volontariato per i più deboli.
Antonio

Credo che uno che ha già scontato 21 anni di carcere, tutti in una volta, penso che abbia già pagato tutto quello che c’era da pagare, soprattutto quando sei stato condannato innocentemente.
Ignazio

5. Quanti anni ha già scontato? Com’è cambiato lei come persona in tutto questo tempo?

Ho già scontato ininterrottamente 21 anni di carcere. Il carcere non è la medicina, ma è la malattia, quindi penso di essere cambiato in peggio.
Carmelo

Ho scontato 20 anni e 1 mese. Ora sono cambiato radicalmente riconoscendo i valori della vita e sono più responsabile di prima.
Antonio

Ho già espiato 18 anni di carcere, in questi ultimi anni ho avuto la possibilità di frequentare un corso scolastico di ragioneria e quindi l’opportunità di crescere culturalmente visto che la scuola e lo studio portano a cambiamenti radicali, così come radicali sono le riflessioni che in tutti questi anni si sono susseguite giornalmente.
Gaetano

Ho già scontato troppi anni e ho passato i miei migliori anni in questo spoglio posto e per lo Stato italiano ci dovrò anche morire.
Ignazio

6. Come passa le sue giornate?

Sopravvivendo.
Carmelo

Prima oziando, adesso, da un decennio, mi diletto a scrivere delle poesie, prose e qualche favola. Attualmente sto frequentando la terza superiore di ragioneria.
Antonio

Passo le giornate tenendo la mente occupata, dedicandomi alla lettura, alla ginnastica e alla cucina.
Ignazio

7. Di fatto non ha nessuna prospettiva per il futuro. Alcuni di voi hanno scritto una lettera al Presidente della Repubblica chiedendo la pena di morte. Perché? Il Presidente vi ha dato qualche riscontro?

Credo che sia meglio una morte veloce che una lenta, per questo penso che bisogna essere proprio dei mostri per murare una persona viva dentro una cella, senza la compassione di ammazzarla prima. Il Presidente della Repubblica non ci ha dato nessuna risposta, probabilmente perché ai morti non si risponde.
Carmelo

Io sono una dei 300 che aveva firmato quell’appello per trasformare la pena dell’ergastolo alla pena di morte; perché l’ergastolo non ci da nessun futuro, ed oltre alle nostre sofferenze si aggiungono anche quelle dei nostri famigliari. Il Presidente non ci ha dato nessun riscontro.
Antonio

Non abbiamo avuto alcuna risposta dal Presidente della Repubblica a riguardo la nostra richiesta di morte. A un ergastolano ostativo non viene data nemmeno questa possibilità, forse perché lo ritengono un privilegio morire una sola volta e non tutti i giorni.
Gaetano

Sì! È vero, avevo scritto anch’io al Presidente della Repubblica chiedendo la pena di morte, ma non ho ancora avuto nessun riscontro.
Ignazio

8. Alla società non importa di voi. Che stiate scontando una pena o che vi uccidano, i più ritengono che ve la siete cercata e che è quello che meritate. Cosa vuole rispondere a queste persone?

Che si può essere dei criminali veri con la fedina penale pulita, perché penso che non ci sia nessuna differenza fra chi ammazza una persona a sangue freddo e chi la ammazza lasciandola viva. Forse però, pensandoci bene, una differenza c’è: credo che sia più criminale chi lo fa in nome della legge o delle vittime del delitto.
Carmelo

È giusto che uno paghi se ha commesso dei reati, ma con una pena che abbia un inizio e una fine, per il resto chiunque può incappare, e commettere un delitto, non bisogna mai dire di quest’acqua non bevo.
Antonio

Alle persone che pensano e dicono che l’ergastolano deve morire in carcere non voglio rispondere, perché nutrono vendetta e non amano Dio né i Suoi insegnamenti, e quindi non sanno perdonare.
Gaetano

Che il carcere è un’autostrada dove ci può passare chiunque ed è meglio per chiunque che in carcere ci siano dei diritti e che tutte le condanne abbiano un inizio e una fine.
Ignazio

9. I rapporti con la famiglia come sono? Come avvengono?
L’amore non si può imprigionare.
Carmelo

I rapporti con la famiglia sono ottimi, avvengono attraversa le telefonate, lo scritto e il colloquio una o due ore settimanale. In tutto abbiamo 6 ore di colloquio al mese.
Antonio

I rapporti con la mia famiglia sono pieni d’amore, ho una moglie e una figlia straordinarie, con le quali condivido un amore immenso, sostenendoci e confortandoci reciprocamente. Assieme preghiamo il buon Dio di tornare a vivere assieme e poterci godere qualche momento di serenità dopo una vita fatta di sofferenze e difficoltà.
Gaetano

I rapporti con la famiglia sono buoni, ma a causa di motivi di distanza e finanziari non posso usufruire di regolari colloqui e questo mi pesa più di qualsiasi altro dolore.
Ignazio

10. Se avesse la possibilità di uscire, quale sarebbe la prima cosa che farebbe? E poi? Come imposterebbe la sua vita?

Mi avvalgo della facoltà di non rispondere perché io non ho nessuna possibilità di uscire se al mio posto, in cella, non ci metto qualche altro.
Carmelo

Mi farei una mangiata di quei cibi che da 20 anni non ho la possibilità di gustare. Mi segregherei con i miei nipotini dandogli tutto il mio amore e il mio affetto, quello che non ho potuto dare ai miei figli. Mi troverei un lavoro, fin quando non raggiungerei l’età della pensione, e vivrei, sempre accanto a mia moglie.
Antonio

Se avessi la possibilità di uscire vorrei trascorrere più tempo possibile con mia moglie e mia figlia e fare tutte quelle cose che non abbiamo fatto in tutti questi anni. E che ci promettiamo di fare se un giorno dovessi uscire di qua. Spero vivamente che questi sogni non rimangano tali poiché oggi le leggi non mi danno alcuna possibilità futura di poter tornare alla vita.
Gaetano

Se un giorno avessi la fortuna di uscire mi godrei la mia famiglia e ricomincerei a vivere la mia vita con tutte le persone di questo pianeta.
Ignazio

L’intervista finisce qui.

Avrei potuto domandare altre 1000 cose, ma secondo me queste parole già ci aprono la via a molte riflessioni.
Queste sono le persone che noi giudichiamo, dalle quali vogliamo prendere le distanze.
Inutile, ritengo, aggiungere altre considerazioni; ognuno di noi, in base al proprio sentire e alla propria coscienza, ha la possibilità di riflettere su quanto scritto.

Ringrazio di cuore Carmelo Musumeci, Antonio Papalia, Gaetano Fiandaca, Ignazio Bonaccorsi; tutti detenuti nel carcere di Padova.
Per chi volesse saperne di più, o volesse partecipare alla proposta di iniziativa popolare per l’abolizione della pena dell’ergastolo (art. 22 Codice Penale) può visitare il blog
Carmelo Musumeci

di Miriam Ballerini
Data:  24/10/2012   |    © RIPRODUZIONE RISERVATA            STAMPA QUESTO ARTICOLO            INVIA QUESTO ARTICOLO


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