L'odierna dittatura: potere economico, agire diplomatico, implicita propaganda |
ROMA - “Al cospetto d’una seria crisi economica, s’accende una concatenata serie di gravi segnali d’allarme, inequivocabile ed incombente premessa d’avviso prima di scontrarsi con l’ormai inevitabile. Ma forse del termine che indica il brutale impatto, di quello “scontrarsi”, ne si poteva far uso o anche premonirne l’effetto solo un tempo.
Oggi, si può far uso d’un termine, di per sé, maggiormente formale “andare incontro” all’inevitabile ma in tal caso, dal recondito significato e contenuto ben più preoccupante… stando all’entità stessa scaturita dalle cause, il risultato che conduce noi, il popolo, specie la sua maggioranza costituita dai più umili, a pagarne nuovamente le amare conseguenze.
E perché si possa quantomeno ottenere una spiegazione razionale di quanto sta accadendo e trarne, se non profitto, un’ennesima ma decisa avvertenza, torniamo, per qualche istante, a rivolgere lo sguardo al passato.
Lo stesso che non un’unica volta ci ha offerto episodi simili, se non identici, e non un’unica volta, ha dunque tentato di istruirci.
Proviamo a riconsiderare una delle più rovinose crisi economiche in assoluto verificatasi all’inizio del Novecento, periodo tuttavia non così lontano. Ha avuto termine il primo conflitto mondiale e i perdenti, per un conflitto di tali proporzioni, si vedono costretti a fronteggiare delle mastodontiche indennità belliche, pagando a più che caro prezzo la sconfitta. Specie in ambito europeo: tra le nazioni più strozzate dai debiti, la Germania. Dopo una guerra a livello internazionale come mai prima d’allora era accaduto, si necessitava d’un intervento drastico affinché si potesse risanare l’economia. In un simile contesto, non è più lo Stato a poter garantire contributi alla popolazione, ma viceversa e a ovvio discapito di essa. E assicurandosi che quest’ultima non abbia le benché minime difficoltà per farlo. Pertanto, chi non poteva affatto rendere il proprio contributo alla Stato (rendendosi così un intralcio certo per il risanamento economico)? Portatori di handicap, malati di mente, disabili e ampliando la cerchia, extracomunitari, reputati i maggiori responsabili del non rispetto delle leggi assieme a zingari e tutta la restante fascia di elementi risultati nocivi alla vita sociale e civile in modo propriamente radicale. Il rimedio all’incresciosa questione circa le cosiddette “bocche inutili da sfamare”, che prenderà il rispettivo e netto termine di “soluzione finale”, metterà perfettamente in pratica il chiaro intento: decimarli, levandoli definitivamente di mezzo.
Oggi, ritrovandoci ormai da un secolo rassicurati dal non più impetuoso insorgere ed affermarsi di dittature, ideologie e quant’altro di letalmente dominante, dinnanzi ad una tale crisi, reagiamo con logico timore nei confronti del buio che ci circonda ma senza particolarmente considerare che un primo, autentico pericolo è già in atto, il pericolo fecondo da cui scaturiscono queste conseguenze a catena. Al di là dell’evidente fisionomia economica di questa che è l’odierna dittatura, rispetto al passato, c’è un agire diplomatico che si sviluppa in silenzio e agli occhi del popolo non desta i veri sospetti che dovrebbe nutrire. Basta soffermarsi sui recenti provvedimenti a partire da quella che è divenuta la domanda opposta: “Data la grave condizione economica, chi può veramente rendere i propri contributi allo Stato”? Chi è ritenuto salvabile, non imputabile, intoccabile e ancora una volta, a discapito dei più impotenti: gli anziani, che col proprio mestiere hanno già reso in gioventù i propri contributi allo Stato, i lavoratori che hanno raggiunto i cinquant’anni d’età ma che, sempre a loro parere, hanno comunque potuto accedere ad un mestiere ed affinare l’esperienza, i giovani che non hanno potuto ottenere né l’uno di conseguenza né l’altro ma che hanno comunque l’intera vita davanti per potersela sbrigare ed immancabilmente gli stranieri. Ebbene, la neo “soluzione finale” (anticipando quella davvero definitiva), facendo leva sul potere economico, sta nel repentinamente decimare le già scarse risorse di chi non può farcela con, innanzitutto, il non agevolare il modo di estendere ad ampio raggio la possibilità di lavoro e studio, cose che, senza dubbio del primo, da parte dei giovani e meno, abbandonati a sé stessi, ne si avverte vitale necessità. Promuovere il vertiginoso aumento delle tasse universitarie per chi studente lo è già ma non in regola con gli esami, anche se ciò è legato a costrittive ragioni. Dimezzare pensioni e stipendi ed in proposito, per chi lavoratore ancora lo è, si potrebbe pure correre il rischio di lasciarli diversi mesi senza guadagno.
All’epoca vi era un ufficiale e giustificato sacrificio di vite umane che non sarebbe mai stato concepito come “crimine contro l’umanità”.
Nella realtà moderna, dal punto di vista governativo e politico, questo che resta un effettivo sacrificio di vite, non può essere concepito come tale in quanto non priva della vita a livello fisico e non distrugge tangibilmente a livello sociale, civile, di dignità (e già solo stando a questo confronto sommario dal ieri all’oggi, le adiacenti corrispondenze danno i brividi).
Difatti, l’odierna dittatura fa ciò, che per quanto possibile, può anche essere considerato peggiore: avendo strette in pugno le redini finanziarie è persino in grado di non agevolare il modo di far fiorire le possibilità (appositamente?), celandosi dietro il pretesto della sua stessa impossibilità. Al suo capostipite, i soliti, celebri potenti che restano tali e sempre i tal conosciuti, loro invece, rassicurati dall’irremovibile posto in poltrona e garantito, opulento guadagno. E soprattutto dalla sofferta inerzia del popolo, che probabilmente, non dovrà stavolta e necessariamente attendere una nuova o tornare ad un’obsoleta ideologia per insorgere, sebbene i tempi sembrino maturi, sebbene la mentalità stessa, al confronto, risulti pure più dannosa. E sebbene s’aggrappi alla condotta di fazioni di Destra, Sinistra, Centro pur di continuare a ricevere comunque e rassegnatamente una guida, concedendo individuale voto. Ed è questo il punto: sotto dettame repubblicano, a dispetto della dittatura che metteva al popolo il coltello alla gola: “O mi conduci al potere o è la fine” imponendosi con la violenza, il potere s’aggiudica tramite il voto. Il primo, autentico atto rivoluzionario capace di segnare la svolta, sta nell’astenersi dal voto, ovvero, viceversa, negare alla tirannica dittatura la possibilità di stare in piedi. In barba alla sua seduttiva propaganda dall’implicito messaggio, enfatizzato da slogan e immagini da sempre efficacemente studiati apposta e messi in atto, al terrore di restare smarriti e in balìa delle onde senza di essa. E soprattutto di non offrire deliberatamente il potere, tramite un seggio elettorale, a ciò che si cela dietro le quinte d’ogni istituzione politica: un impero”.
di Angela Cicinelli
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